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Ha trovato conclusione nel porto di Catania la tremenda vicenda dei 105 migranti che erano stati raccolti in mare dal veliero Astral della Ong Proactiva Open Arms e quindi trasferiti sulla più grande nave Aquarius di Sos Mediterranee. Entrambe le imbarcazioni battono bandiera della Gran Bretagna: per le operazioni di soccorso in mare erano coordinate dalla Guardia Costiera italiana, ma un rimpallo di responsabilità tra le diplomazie italiana e britannica ha creato una situazione insostenibile, con i 105 migranti bloccati per quasi tre giorni in condizioni igienico-sanitarie pessime attendendo che fosse trovato un porto dove farli sbarcare. Era intervenuta anche la Commissione europea che ha commentato pesantemente il braccio di ferro tra autorità italiane e britanniche, giudicandolo “deplorevole”. “La priorità è prestare aiuto ai migranti è con questo spirito che rivolgiamo un appello, sia alle autorità italiane sia a quelle britanniche, per una soluzione rapida affinché i migranti siano sbarcati in piena sicurezza e al più presto”. Così si è espressa una portavoce dell'esecutivo comunitario. Il problema è sempre quello: il Paese che effettua il recupero dei migranti deve provvedere loro La gravità della situazione era stata denunciata anche dal coordinatore dell'Unar, l'Ufficio nazionale anti-discriminazioni razziali, l'ex senatore Luigi Manconi: «La nave Aquarius di Sos Mediterranee allo stato continua la sua permanenza in mare senza trovare un approdo perché attende l'autorizzazione inglese ad attraccare in qualsiasi porto. La guardia costiera Libica non si è fatta vedere in quel tratto di mare, dove non c'è legge alcuna». L'Italia chiedeva che fosse lo stato di bandiera delle due navi a gestire lo sbarco in un porto sicuro, come prevedono le normative internazionali. Ma l'Inghilterra continuava a insistere che toccasse all'Italia, che aveva lanciato il primo Sos.