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È il direttore d’orchestra Daniel Oren il protagonista di questa Tosca: il maestro festeggia, infatti, la sua cinquecentesima presenza in Arena, dirigendo la stessa opera, con cui 35 anni fa, nel 1984, l’aveva accolto Verona. La cornice nella quale si muovono i personaggi pucciniani è lo storico allestimento di Hugo de Ana che, a 10 anni dal suo debutto, fa ancora sognare con la sua misurata astrazione e con i suoi imponenti effetti scenici, dando a Tosca una solennità ed un’imponenza straordinarie che si rinnovano ad ogni rappresentazione. A completare la direzione attenta e sempre appassionata di Oren, c’è un cast di alto livello. Gioca, in terra veneta, il trevigiano Fabio Sartori (in scena, Mario Cavaradossi), protagonista dell’unico bis della serata, chiesto a gran voce dal numerosissimo pubblico per l’aria “Lucean Le Stelle”; Sartori disegna un Cavaradossi sicuro, concreto, dai tratti intimi, appassionati e che conquista tutto il pubblico. Lo Scarpia, interpretato da Ambrogio Maestri, è un signore di grande eleganza, che però cede in maniera apparentemente misurata alle tentazioni della carne; Maestri propone un grandissimo lavoro sui recitativi, si presenta scenicamente impeccabile, vocalmente solido e ricchissimo di sfumature. Saioa Hernandez, al suo debutto in Arena, ha una voce di straordinaria imponenza e bellezza, dai tratti squisitamente drammatici; nel secondo e terzo atto, il suo personaggio restituisce una Tosca addolorata, che si trova costretta dalle circostanze a tradire il suo animo gentile per trasformarsi in un’assassina. Nel primo atto, forse, è mancata un po’ di intimità; ci si sarebbe aspettati che le sfumature tra amore e gelosia fossero rese, dalla Hernandez, in maniera più distinta con l’utilizzo di una gamma più ampia di soluzioni vocali. Ottimo il resto del cast, con una menzione particolare per lo Spoletta di Roberto Covatta ed il sagrestano di Roberto Pizzuti, entrambi capaci di portare in primo piano i caratteri, che sono stati loro affidati. Pubblico entusiasta. Matteo Mazzato