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L’Italia non depura le acque urbane e la UE minaccia multe

24/07/2018
L’Italia non depura le acque urbane e la UE minaccia multeL’Italia rischia una salatissima multa da parte della Commissione europea per non essersi adeguata alla normativa comunitaria sulla raccolta, il trattamento e lo scarico delle acque reflue urbane: un provvedimento datato 1991, che dava tempo per adeguarsi fino alla fine del 2000 e che già è all’origine di ben tre distinte procedure d’infrazione a carico del nostro Paese.
Per la quarta volta, la Commissione europea ha ripreso in mano il fascicolo italiano e ha individuato 276 agglomerati urbani, sparsi dal nord al sud, che continuano a violare le norme europee: si tratta in questo caso piccoli centri urbani, tra 2.000 e 10.000 abitanti, per i quali c’era una deroga alla messa a norma che arrivava fino al 31 dicembre 2005. Ma ancora oggi quelle acque reflue sono scaricate senza che prima siano sottoposte ad un adeguato trattamento.

Siamo al quarto richiamo e già due volte sono state pagate decine di milioni di multe: ora è peggio!

L’Italia è consapevole da tempo del ritardo accumulato, come mostrano i dati ISPRA e la lunga storia di precedenti. Per le inadempienze nell’attuazione della Direttiva, abbiamo subito già due condanne da parte della Corte di Giustizia Europea.
La prima risale a una procedura del 2004 e ha portato ad una maxi multa di decine di milioni di euro relativamente alla situazione esistente in 74 comuni. La seconda si riferisce ad un procedimento aperto nel 2009 in riferimento alle acque reflue scaricate dagli agglomerati urbani in zone sensibili. A ciò si aggiunge una terza procedura d’infrazione, avviata nel 2014. Si legge nella nota UE: “Sebbene l’Italia sia già stata sottoposta a tre distinte procedure di infrazione a motivo di varie violazioni delle prescrizioni della direttiva, una valutazione degli ultimi dati presentati dall’Italia evidenzia che ancora un numero considerevole di agglomerati di dimensioni più ridotte viola gli obblighi fondamentali di raccolta, trattamento e monitoraggio. Vista l’entità di tali carenze, la Commissione invia all’Italia una lettera di costituzione in mora. Le autorità italiane dispongono di due mesi per rispondere”.

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