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Mostra del cinema “VENEZIA 75” - Mariateresa Crisigiovanni

31/08/2018
Mostra del cinema “VENEZIA 75” - Mariateresa CrisigiovanniORSON WELLES : un attivo perdigiorno , un saggio pazzo , una solitudine circondata di umanità . (Jean Cocteau )

Nel 1982 Orson Welles dichiarava ai Cahiers du Cinèma “Quello di Jake Hannaford è il miglior ruolo che abbia mai scritto per un attore. Desideravo ardentemente interpretarlo, ma ho pensato che se l’avessi fatto, tutti mi avrebbero preso per Fellini”. (Ed in realtà “The Other Side of the Wind” che è passato in sala il 30 agosto, fuori concorso, come evento speciale e prima mondiale, è considerato l’ “8 e 1/2” di Welles).
Jake Hannaford è il protagonista del film iniziato da Welles nel 1970 e mai ultimato nonostante i continui rimaneggiamenti durati sei anni. Si racconta che in realtà Welles non avesse alcuna intenzione di ultimarlo detestando l’idea di vederlo concluso. Ed infatti James McBride dice nel suo saggio su Welles che per questi sei anni ebbe costante la sensazione che l’artista fosse felice solo mentre dirigeva.
La vicenda si svolge tutta nel corso dell’ultimo pomeriggio e dell’ultima notte della vita di Hannaford e ruota intorno al suo sforzo di reggere il passo con gli intellettuali della nuova Hollywood, tentando di riconquistare il successo con un nuovo film. In realtà lo spettatore si trova spiazzato di fronte alla visione di due film che si sviluppano parallelamente, per non dire simultaneamente. Il primo appare chiaramente preparato con materiale cinematografico e fotografico riguardante le ultime ore della vita di Hannaford. La storia si svolge durante il party di compleanno del protagonista noto per i suoi eccessi sessuali.
L’organizzatrice della festa è un’attrice, femme fatale, (interpretata da Oja Kodar, allora e fino alla morte di questi, compagna di Welles) che coinvolge giornalisti, attori e giovani produttori per consegnar loro una nuova immagine del vecchio genio.
Durante la serata, il party prende i colori ambigui di gelosie e conflitti, mentre Hannaford si dimostra incredibilmente attratto, lui fino ad allora rigorosamente etero, dal protagonista del suo film. Infine, ubriaco e disperato si allontana con la macchina che intendeva regalare al giovane attore e muore in un incidente.
E quindi il secondo film, con sesso, nudità, oscuri simbolismi ed insieme riprese di crudo realismo, è quello di Hannaford intitolato “The Other Side of the Wind” proiettato incompleto durante la festa. L’innamoramento del regista per il giovane è una metafora della pericolosità dei rapporti tra regista ed attore. Un senso di onnipotenza e di possesso frustrato che nel film si lascia dietro desolazione e morte, simboleggiate, nelle scene finali, da melodrammatiche folate di vento che spazzano le scenografie vuote di Hollywood.
Alcuni critici considerano questa prova d’autore nient’altro che una provocazione. Un film nel film, un buco nero in cui Welles proietta la metafora del suo destino di regista, un mistero insomma. E tale è destinato certamente a restare: interpretato da giganti del cinema come John Huston, nel ruolo del protagonista, Peter Bogdanovich, Susan Strasberg, Denis Hopper, Jack Nicholson, Paul Mazurski. Senza dubbio questa prova di regia può essere considerata una delle più eloquenti del repertorio di Welles, giacché utilizza vari punti di vista, vari stili, e diversi mezzi visivi: colore, bianco e nero, super 8, 16 mm e 35 mm. Il monumentale lavoro di montaggio è stato affidato a Bob Murasky che considera il film “il più importante progetto cinematografico del ‘900”.
A Murasky, a seguire la proiezione del 31 agosto in Sala Grande, verrà consegnato il nuovo premio “Campari Passion For Film”, che intende valorizzare il lavoro straordinario e sotterraneo di chi collabora col regista: direttori della fotografia, compositori, scenografi e costumisti. In questo caso il premio a Murasky è motivato innanzi tutto dal lavoro compiuto sull’infinito materiale girato da Welles, e sulla capacità di sviluppare un rapporto creativo con le pellicole che gli vengono affidate, a volte centinaia di ore di girato, come nel caso di “The Hurt Locker” di Kathryn Bigelow per il quale ha ricevuto l'Oscar nel 2009.

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