Veneto: il mancato federalismo costa 16,6 miliardi ogni anno
Dopo le relazioni tecniche di Gian Angelo Bellati, direttore Unioncamere del Veneto, e Serafino Pitingaro del Centro Studi, il dibattito ha visto gli interventi di Clodovaldo Ruffato, presidente del Consiglio regionale del Veneto, Franco Manzato, assessore regionale all’Agricoltura con competenze alla Tutela dei consumatori, e Luca Antonini, professore di Diritto Costituzionale Tributario all’Università di Padova e presidente della Commissione paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale. Moderatore del dibattito Giovanni Parente de Il Sole 24 Ore.
La finanza pubblica continua ad essere uno dei nodi più critici del sistema Italia per la dimensione elevata del debito pubblico. L’incidenza dell’indebitamento netto della Pubblica Amministrazione sul Pil, nel 2010, è stata pari al -4,6%, valore inferiore a quello registrato l’anno precedente (-5,4%), ma oltre il limite del 3% previsto dal trattato di Maastricht. La pressione fiscale complessiva è risultata pari al 42,6% del Pil, ma potrebbe toccare il 52% al netto dell’economia sommersa.
Nel 2010 le spese totali della Pubblica Amministrazione sono risultate pari al 51,2% del Pil. A livello regionale si evidenzia una distribuzione “disequilibrata” delle risorse. L’incidenza della spesa del settore pubblico sul Pil delle regioni del Sud è nettamente superiore a quella del Centro-Nord. Il totale delle risorse che ogni anno in Italia vengono trasferite dalle Regioni più ricche a quelle più povere per la perequazione nazionale è di circa 80 miliardi di euro. Dal Veneto lo Stato centrale preleva molto di più di quanto effettivamente restituisca in termini di spesa pubblica: le risorse aggiuntive prelevate dallo Stato in Veneto e destinate alla perequazione territoriale, nel triennio 2007-2009, ammontano a 16,6 miliardi di euro (3.405 euro per abitante).
Dal 2001, anno in cui l’Italia è diventata uno Stato federale anche se solo formalmente, al 2009 il Veneto ha contribuito alla solidarietà nazionale per oltre 140 miliardi di euro (in media 15.557 euro all’anno e 3.287 euro procapite all’anno). Per valore del residuo fiscale il Veneto si colloca al terzo posto della graduatoria delle Regioni italiane in avanzo finanziario alle spalle della Lombardia (70.041 milioni) e dell’Emilia-Romagna (18.192 milioni). In termini procapite il Veneto ha registrato un residuo fiscale pari a 3.405 euro (7.198 Lombardia; 4.203 Emilia-Romagna). Fra le Regioni che vantano un saldo fiscale positivo anche Piemonte, Lazio e Toscana. Fatta eccezione per Marche, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige, Liguria, Umbria e Abruzzo, che registrano un residuo positivo molto contenuto, tutte le altre Regioni evidenziano un saldo negativo.
RESIDUO FISCALE E IMPATTO SUI CONSUMI DELLE FAMIGLIE:
Tra 1996 e 2008 l’esistenza del residuo fiscale ha impedito un ammontare di consumi reali pari a 61,4 miliardi di euro. È come se uno degli anni compresi nell’intervallo di tempo fosse stato cancellato visto che l’importo è paragonabile ad una di quelle annualità.
In ciascuna di queste annate il consumo addizionale oscillerebbe tra il 5,5% ed il 9,4% dei consumi effettivi, non discostandosi dalla media annua (pari al 7,3%). Il peso procapite si attesta mediamente sui 1.026 euro all’anno, ma si spinge fino a quasi 1.400 (2007).
Nel triennio 2006-2008 si sarebbero potuti spendere circa 6 miliardi di euro per l’edilizia e per quanto serve alle abitazioni; 2,7 miliardi per i generi alimentari; 4,9 miliardi per prodotti e servizi peculiari del sistema economico veneto come il sistema-moda, che avrebbe beneficiato di 1 miliardo di euro, e l’insieme di trasporti e attività per il tempo libero, in gran parte finalizzati al turismo, per i quali si sarebbero spesi circa 3,9 miliardi.
RESIDUO FISCALE E “RISCHIO EVASIONE”:
Secondo le ultime stime dell’Istat, in Italia il valore dell’economia sommersa vale tra i 255 e i 275 miliardi di euro, rispettivamente pari al 16,3% e al 17,5% del Pil. Il fenomeno dell’evasione fiscale non si distribuisce in maniera omogenea sul territorio nazionale.
Le regioni dove è maggiore l’evasione fiscale ricevono dal sistema pubblico le risorse finanziarie più significative. Le politiche di contrasto all’evasione fiscale rappresentano uno degli elementi più innovativi della riforma federale in corso di attuazione. I decreti delegati attribuiscono un ruolo di prima importanza a Regioni ed Enti locali nell’emersione del sommerso, garantendo loro quote significative del maggior gettito fiscale.
Secondo Equitalia, tra il 2005 e il 2010 gli incassi da ruolo sono più che raddoppiati passando da 3,8 a 8,9 miliardi di euro (+129%). A livello territoriale, l’evasione fiscale sembra essere minore in Trentino-Alto Adige (99 euro per abitante) e Veneto (118 euro), mentre i maggiori importi si registrano nel Lazio (218 euro procapite), Toscana (193 euro) e Lombardia (190 euro). Fatta eccezione per la Puglia, le altre Regioni del Mezzogiorno occupano la parte superiore della graduatoria. Anche i dati dell’Agenzia delle Entrate confermano che il fenomeno dell’evasione fiscale non si distribuisce in maniera omogenea sul territorio nazionale: la percentuale di imposte evase arriva addirittura al 66% in alcune aree del Sud.
Al fine di realizzare una comparazione fra le Regioni d’Italia, è stato elaborato un indice che misura le differenze tra i livelli di reddito espressi e il grado di benessere riscontrato sulla base di sette voci indicative (consumi alimentari, consumo energia elettrica, consumo carburante, autovetture oltre 2.000 cc di cilindrata, autovetture circolanti per 100 abitanti, variazione % dei depositi bancari nel triennio, quota % di abitazioni di pregio).
Un indice positivo segnala realtà locali in cui l’andamento dei consumi è mediamente inferiore o in linea con quello del reddito. Un indice negativo individua invece situazioni caratterizzate da propensione al consumo e tenore di vita mediamente superiore al reddito medio.
I territori che presentano un residuo fiscale negativo manifestano uno standard di consumi superiore al reddito disponibile.
In un raffronto europeo, la Germania appare il Paese in cui vi è il minore “rischio” di evasione fiscale, seguito da Austria e Francia. L’Italia si posiziona al quarto posto, grazie al fatto che le Regioni del Nord (al di sopra della media UE) compensano i risultati non eccezionali del Sud.
Il Veneto presenta tassi di evasione fiscale tra i più bassi del Paese e dell’Unione europea, che si spiega con la presenza di un diffuso capitale sociale nel territorio. I dati mostrano che esiste una forte correlazione tra sviluppo del capitale sociale e crescita economica: laddove mancano senso civico, rispetto delle regole, comportamenti collaborativi e attenzione alle persone anche lo sviluppo economico stenta a decollare.
«L'obiettivo del federalismo si raggiunge meglio con una forte responsabilizzazione degli enti regionali che parte dal loro ruolo nella governance europea – commenta Gian Angelo Bellati, direttore Unioncamere del Veneto –. Ciò ci porta a dire che l'Europa, grazie alle innovazioni sulla sussidiarietà introdotte dal tratto di Lisbona, è un alleato per raggiungere l'obiettivo. Ma, in vista della futura politica di coesione 2014-2020, occorre che essa disponga dei dati statistici delle regioni europee e che abbia chiaro come il Pil oggi non rappresenti più il metodo di misurazione corretto per capire chi ha bisogno di essere aiutato dalla perequazione/coesione; esso infatti é distorto dall'evasione fiscale, molto diversa fra regioni italiane ed europee. Si potrebbe infatti cosi arrivare all'assurdo che chi più evade più ha diritto di ottenere dalla solidarietà altrui».