Ancora in aumento gli imprenditori stranieri in Italia
Questi i risultati principali emersi da uno studio di FONDAZIONE LEONE MORESSA che ha analizzato le dinamiche e la struttura dell’imprenditoria straniera facendo riferimento agli ultimi dati disponibili di Infocamere.
Dinamiche. A giugno 2011 gli imprenditori stranieri sono aumentati del 5,7% in un anno (di cui il 3,0% solo nei primi sei mesi dell’anno) e del 38,6% negli ultimi cinque anni. Accanto a tale dinamica ascendente si deve registrare, dal’altro canto, una flessione nel numero di imprenditori italiani, calati del -1,4% nell’arco di un anno (-0,9% solo nell’ultimo semestre) e del -6,6% dal 2006.
I settori di attività. La presenza straniera all’interno dei settori di attività si fa maggiore nel commercio, nelle costruzioni e nella manifattura, dove, rispettivamente, sono attivi il 36,0%, il 29,2% e il 9,1% del totale degli imprenditori. Ma è nelle costruzioni che il peso dell’imprenditoria etnica si fa più evidente: su dieci imprenditori del settore, quasi due sono stranieri (17,5%).
In quanto a dinamiche, nell’ultimo anno il numero di imprenditori nati all’estero è cresciuto in particolare nei settori dove la presenza degli imprenditori stranieri è ancora marginale: si tratta dei comparti del noleggio e supporto alle imprese (+10,4%), della sanità e assistenza sociale (+9,5%), delle attività professionali (+9,5%), dell’alloggio e ristorazione (8,8%) e nel comparto manifatturiero della meccanica (+7,8%). Per quanto riguarda commercio e costruzioni la variazione annua si attesta, rispettivamente, al 6,1% e al 5,4%.
Provenienza. Tra gli imprenditori stranieri le prime cinque nazionalità sono rappresentate da marocchini (13,6%), rumeni (11,1%), cinesi (10,8%), albanesi (7,8%), e svizzeri (5,3%). Nell’ultimo anno sono aumentati in particolare gli imprenditori provenienti dal Bangladesh (+17,7%) e dalla Romania (+10,3%), per i quali si registra inoltre negli ultimi cinque anni una crescita, rispettivamente, del 118,9% e del 148,4%.
Provincia. La metà degli imprenditori stranieri sono concentrati in venti provincie, tra cui spiccano le grandi città: Roma che raccoglie l’8% di tutti gli imprenditori stranieri (32.232), Milano con il 6,8% (27.439), e Torino con il 5,1% (20.652). Il peso degli stranieri sul totale degli imprenditori è maggiore a Prato, dove un imprenditore ogni quattro è straniero, seguito da Trieste (16,9%), Firenze (15,2%) e Roma (14,8%).
Imprenditoria femminile. Tra le file dagli imprenditori stranieri si conta una donna ogni quattro imprenditori, sebbene occorra fare dei distinguo per settore: in agricoltura le donne sono il 51,3% di tutti gli imprenditori stranieri del comparto, il 35,0% nella manifattura, il 26,3% nel commercio, il 47,1% nell’alloggio e ristorazione e il 35,9% nel noleggio e supporto alle imprese. Le imprenditrici cinesi costituiscono il 43,6% del totale degli imprenditori nati in Cina. A livello provinciale a Prato e Napoli si registra l’incidenza più alta, rispettivamente il 34,8% e il 31,3%.
“Gli imprenditori stranieri” affermano i ricercatori della Fondazione Leone Moressa “si dimostrano essere veri e propri attori dello sviluppo, soprattutto in un periodo di crisi come quello attuale, che ha visto aumentare la loro numerosità a scapito delle figure imprenditoriali di origine italiana. La buona vivacità imprenditoriale, dimostrata anche nella prima parte dell’anno, fa riflettere sul loro grado di integrazione nel tessuto economico e sociale del Paese: diventare imprenditore significa prevedere progetti di investimento economico di lungo periodo, significa inserirsi all’interno di una rete di rapporti lavorativi e umani che prevedono una conoscenza approfondita del mercato nel quale si opera. La presenza di imprese condotte da stranieri sarà sempre più capillare nel tessuto imprenditoriale nazionale: per questo motivo il fenomeno deve essere adeguatamente governato, non solo per consentire agli immigrati i medesimi strumenti di sviluppo economico offerto agli italiani (si pensi all’accesso al credito e al sussidio agli investimenti), ma anche per garantire una concorrenza realmente leale tra tutti gli attori che operano nei mercati”.