II danno da vacanza rovinata nel nuovo “Codice del turismo”
Ben presto, la giurisprudenza di merito delle Corti italiane, accogliendo tale orientamento, ha qualificato tale tipologia di danno quale emotional distress ossia “un pregiudizio morale collegato alla delusione e allo stress causato dalla circostanza di non aver potuto godere appieno dei benefici della vacanza”. Più precisamente, “Il danno consistente nel pregiudizio rappresentato dal disagio e dalla afflizione subiti dal turista-viaggiatore per non aver potuto godere pienamente della vacanza come occasione di svago e di riposo conforme alle proprie aspettative, vedendo così definitivamente compromesse la possibilità di realizzare un progetto teso al miglioramento delle potenzialità psico-fisiche, attraverso l’allentamento delle tensioni nervose connaturate all’intensità della vita moderna, e al miglioramento delle complessive condizioni di vita per la conseguita capacità di reinserirsi nell’abituale contesto sociale, familiare e lavorativo ed affrontare così gli aspetti negativi in maniera meno drammatica e più distesa”.
Sempre più spesso – purtroppo – le aspettative del turista vengono frustrate a causa di carenze o imprecisioni informative dovute al livello della qualità dell’alloggio, dei trasporti e dei servizi che non corrispondono agli standards garantiti. Indubbiamente, tali circostanze degradano il viaggio, da occasione di svago e di piacere, a momento di disagio psico-fisicoderivante dalla mancata realizzazione, in tutto o in parte, del programma previsto. In tal senso, il mancato godimento della vacanza, configurandosi come un danno strettamente legato all’inesatta o mancata esecuzione delle obbligazioni derivanti dal contratto di vendita del pacchetto turistico, legittima il consumatore-turista a chiedere tale risarcimento solo nei confronti dei soggetti contrattualmente obbligati, ossia il venditore e l’organizzatore del viaggio. Ovviamente, qualora ai fini dell’esecuzione delle varie prestazioni, l’organizzatore o il venditore si avvalgano del servizio reso da terzi rispondono anche del fatto di costoro, salvo il diritto di rivalersi nei loro confronti.
In virtù del contratto “all inclusive” stipulato dal turista-consumatore, la finalità di vacanza e di svago entra a far parte del contenuto negoziale, costituendo elemento caratterizzante della causa del contratto stesso e obbligando, così, il venditore/organizzatore a garantire la fruizione della vacanza secondo gli accordi conclusi. L’eventuale inadempimento di questa obbligazione determina tout court il risarcimento del danno da vacanza rovinata, configurabile esclusivamente in relazione al contratto di viaggio, il cui oggetto è il godimento delle utilità promesse dal tour operator e/o dall’agenzia di viaggi venditrice del pacchetto.
In definitiva, la frustrazione della finalità di svago si traduce in un vizio funzionale che determina l’estinzione del rapporto obbligatorio, come confermato da un recente arresto giurisprudenziale (Cass. 24 luglio 2007, n.16315), laddove si riconosce che “la finalità turistica o lo scopo di piacere della vacanza non costituisce un motivo irrilevante, ma connota la causa concreta del contratto di viaggio in quanto è funzionale e strumentale alla realizzazione dell’interesse a usufruire di una vacanza di riposo e di svago”.
La giurisprudenza di merito più recente ha ricostruito il danno da vacanza rovinata come danno non patrimoniale da inadempimento contrattuale; in particolare, la risarcibilità del danno da vacanza rovinata, configurato come danno non patrimoniale, è stata fondata sul combinato disposto dell’art. 2059 c.c. e dell’art. 92 comma 2 del Codice del Consumo il quale riconosce alconsumatore il diritto al risarcimento di “ogni ulteriore danno dipendente dalla mancata esecuzione del contratto”.
Posto, dunque, che da tempo il danno da vacanza rovinata è riconosciuto pacificamente da dottrina e giurisprudenza, il problema più insidioso rimane oggi la quantificazione monetaria del danno risarcibile.
Sono due le voci di danno da prendere in considerazione: il pregiudizio economico degli esborsi sostenuti e il danno morale dovuto a delusione e stress subiti a causa del disservizio. Il pregiudizio economico è la voce di danno più facilmente quantificabile e corrisponde al prezzo del viaggio acquistato in casodi mancato godimento della vacanza o in una riduzione del prezzo medesimo nel caso in cui il consumatore non abbia potuto godere pienamente della vacanza, in quanto rovinata da disservizi, contrattempi o altri disguidi. Più difficile è, invece, quantificare il danno morale subito dal turista, risultando pressoché impossibile fornire una prova certa dello stress o della delusione subiti a causa del mancato godimento di una vacanza. In questi casi, la liquidazione del danno morale subito dal turista deluso dovrà avvenire in maniera equitativa ai sensi dell’art. 1226 c.c.. e dovrà tener conto di tanti fattori, tra i quali l’irripetibilità del viaggio (classico è l’esempio del viaggio di nozze), il valore soggettivo attribuito alla vacanza dal consumatore (tipico è il viaggio per ricongiungersi ai famigliari nel giorno di Natale), lo stress subito a causa dei disservizi o la delusione per la cancellazione improvvisa del viaggio.
ADICO