Il Cinema Italiano da non dimenticare
Intorno al '68 molti artisti si avvicinano al cinema non con sporadiche esperienze ma come un vero movimento underground: Grifi,Tretti, Frascà, Axel Rupp. Sicuramente Mario Schifano può essere considerato un film-maker antesignano agli artisti suoi contemporanei, risalendo le sue prime esperienze cinematografiche agli anni 63-64 con ' ROUND TRIP' (viaggio on the road negli USA) e 'REFLEX' girato totalmente in uno studio di un fotografo di moda alle prese con le sue modelle. In un intervista a Moravia di almeno un decennio dopo, Schifano chiarisce come per un periodo la pittura e la fotografia non gli bastassero più, mentre il cinema, contenendo il gesto, il movimento e la parola, gli suggerisse possibilità illimitate.
L'ottica 'fotografica' di Schifano non è mai fissa, bensì così totalmente dinamica da evocare la fotografia cinematografica, strutturalmente attraverso la successione dei fotogrammi e compositivamente attraverso l'estremo dinamismo dell'immagine che l'artista poi esasperava col movimento di macchina spesso traballante e quasi mai in asse.
L'interesse del pittore per il movimento pervade quasi tutta la sua opera cinematografica dai medi ai lungometraggi . In alcuni film questo avviene attraverso il movimento della macchina da presa sistemata su mezzi di locomozione, una cinepresa a mano oppure una macchina da presa-pennello che crea lo stesso non perfezionismo e l'istintualità della sua pittura .
In 'SOUVENIR' del 1967 riprende in 11 provocatori minuti l'atmosfera kitch della vendita di immagini sacre nello Stato del Vaticano , osando poi la scena di un attore della Factory di Andy Warhol che simula di farsi di eroina di fronte ai turisti.
In 'FERRERI' (66-69) mostra sè stesso dietro la cinepresa a 35 mm mentre filma Marco Ferreri di fronte ad un suo quadro della serie' Tutte le stelle' dove troviamo una delle cifre distintive della sua pittura : lo schermo nello schermo. Quando le inquadrature sono fisse la frammentarietà viene espressa con il multischermo, ed il dinamismo col montaggio convulso come in 'VIETNAM' (1967) girato con Ferreri ed Ettore Rosboch con le immagini di guerra di repertorio che, in quanto mediate dal mezzo freddo televisivo, non sensibilizzano la coscienza di chi le guarda. Il leit-motiv di tutta la sua produzione artistica è una multimedialità intesa come stimolo visivo e sensoriale per un indagine senza confini nella società contemporanea.
Mariateresa Crisigiovanni