Coldiretti: la crisi taglia anche il latte nello yogurt
L’arrivo sul mercato nazionale dello yogurt senza latte, messo in commercio senza alcuna indicazione per i consumatori è il risultato - spiega la Coldiretti - di una modifica alla Legge del 11 aprile 1974, n. 138 che riguarda “Norme concernenti il divieto di ricostituzione del latte in polvere per l'alimentazione umana”, che sta per avere il parere favorevole della Commissione agricoltura della Camera. Un parere richiesto sullo schema di decreto legislativo n. 378 attuazione della direttiva 2007/61/CE relativa a taluni tipi di latte conservato parzialmente o totalmente disidratato destinato all’alimentazione umana.
Una ipotesi che va fermata perché - sostiene la Coldiretti - si tratta di un danno per i consumatori e per i produttori. Si consente infatti di utilizzare polvere di latte a basso prezzo importata da paesi extracomunitari invece del buon latte fresco delle campagne italiane. Un effetto molto probabile se si considera che sono stranieri tre dei primi quattro produttori che coprono il 60 per cento del mercato nazionale dello yogurt. Peraltro - continua la Coldiretti - i consumatori non hanno alcuna possibilità di distinguere in etichetta il prodotto industriale ottenuto dalla polvere di latte da quello tradizionale.
Ogni italiano ne consuma in media 7 chilogrammi all’anno e nel primo semestre del 2011 nonostante la crisi le quantità acquistate dalle famiglie italiane sono cresciute dell’uno per cento, in controtendenza rispetto all’andamento generale secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Ismea Ac Nielsen. Considerando che - riferisce la Coldiretti - occorrono 1,2 chili di latte fresco per ottenere un chilo di yogurt la sua sostituzione con la polvere puo’ arrivare a far consumare fino a 360 milioni di chilogrammi di latte italiano in meno in un anno, secondo i calcoli della Coldiretti.
Il tentativo di colpo di mano - sostiene la Coldiretti - è purtroppo solo l’ultimo capitolo di un processo che ha già portato a profondi cambiamenti sulle tavole degli italiani all’insaputa dei consumatori. Per effetto della normativa comunitaria e nazionale è già possibile vendere sul mercato il vino “senza uva” ovvero ottenuto dalla fermentazione di frutta, dai lamponi al ribes, ma anche il formaggio “senza latte” sostituito parzialmente dalla caseina e dai caseinati per ottenere formaggi a pasta filata, mentre una legge nazionale prevede che le bevande al gusto di agrumi possono essere colorate a condizione che esse - sottolinea la Coldiretti - contengano appena il 12 per cento di succo di agrumi vero.
Una tendenza che purtroppo si va affermando sotto la spinta di Paesi che non possono contare su una agricoltura forte come quella italiana e che - conclude la Coldiretti - occorre contrastare perché inganna i consumatori, danneggia i produttori, mette a rischio la qualità dell’alimentazione e la salute stessa dei cittadini.