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Mais, punti di forza e criticità di una coltura strategica

25/11/2011
Mais, punti di forza e criticità di una coltura strategicaIl mais è storicamente un prodotto cruciale dell’agricoltura italiana. Questo è stato il punto di partenza del “focus group” che ha focalizzato l’attenzione sulla “Filiera del mais”, svoltosi nella mattinata del 25 novembre a Villa Braida in località Bonisiolo di Mogliano Veneto. Qualificati esperti in materia hanno portato il loro contributo a un dibattito incentrato su una coltura che nel 2011 presenta precisi punti di forza e, inevitabilmente, anche delle criticità.

“La maiscoltura è una produzione di primo piano in Veneto e nel Triveneto, proprio per questo bisogna rispolverare quella visione strategica che nel nostro paese è andata un po’ perduta – le parole di Vasco Boatto, docente dell’Università di Padova – Nel mondo la produzione maidicola cresce di un 4% annuo, più del frumento, ma il 70% della produzione stessa viene dagli Stati Uniti e dalla Cina. Come si spiega tale aumento? Innanzitutto sta crescendo la popolazione mondiale che, guardando le stime, dovrebbe sforare il tetto dei 9 miliardi nel 2050: ciò comporta una maggiore richiesta del mais per la destinazione animale (legata a una richiesta di carne e latte in ascesa, ndr), ma soprattutto per quella industriale per fini anche non alimentari”.

Sempre sul fronte della produzione alcuni paesi stanno diventando sempre più forti (Brasile e Argentina), altri invece si stanno affacciando da novizi sul mercato (Ucraina e Ungheria).

“Il commercio di mais è forte in primis verso il Nordafrica – ha proseguito il professor Boatto – ma in generale è instabile, la volatilità dei prezzi è d’attualità ovunque, anche in Italia. Per avere una giusta redditività per i produttori servirebbe un piano strategico che, oggi, purtroppo non c’è”.

Il mais in sostanza andrebbe gestito in modo innovativo.

“In Italia il progresso nella maidicoltura si è fermato agli anni ’90 – ha lamentato Tommaso Maggiore dell’Università di Milano – e quindi non si è mantenuta una crescita della resa produttiva che è fermo o in leggero calo, anche per la difficoltà di adattamento alle nuove tecnologie. La mancata innovazione nel miglioramento genetico comporta una perdita, tutt’altro che trascurabile, di 20 quintali per ettaro l’anno. Solo dalla ricerca e dall’innovazione può nascere quell’impulso alla produttività che servirebbe all’Italia”.

Il professor Amedeo Reyneri dell’Università di Torino ha invece puntato l’attenzione sulle filiere avanzate.

“Essendoci un grosso problema di competitività, nella coltivazione del mais bisognerebbe puntare sulla qualità della filiera con alti standard agroalimentari. In Italia, ad esempio, negli ultimi dieci anni è raddoppiato il consumo (comunque sempre metà rispetto alla Gran Bretagna, ndr) dei cereali per la prima colazione, per ovvie questioni salutistiche data la risaputa attività antiossidante del mais”.

L’appuntamento, organizzato da Conaf, il Consiglio dell’Ordine Nazionale dei Dottori Agronomi e Dottori Forestali della provincia di Venezia (www.agronomiforestalivenezia.it), è stato dedicato al ricordo del noto agronomo Filippo Castagnoli, figura di riferimento nella coltura del mais alla quale viene riconosciuto di aver contribuito a portare l’agricoltura nella modernità. M.D.L.

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