Monte Pelmo: impronte di dinosauro a quota 3000
Mauro “Lampo” Olivotto, noto scultore e alpinista cadorino, autore delle sculture conosciute come giauli, è l’ideatore di una stravagante missione sospesa tra arte, alpinismo e poesia: raggiungere una grande caverna in piena parete del Monte Pelmo e allestirvi un set fotografico per i suoi personaggi di legno. L’impresa è stata compiuta il 10 e 11 settembre 2011 insieme a quattro speleologi e alpinisti dell’associazione di Esplorazioni geografiche La Venta. L’esplorazione ha richiesto l’installazione di un piccolo campo sulla cresta dello spallone nord-est del Pelmo, che ha consentito di avere il tempo necessario a calarsi per la prima volta fino alla cavità, che è stata battezzata Grotta dei Giauli. La discesa di oltre 150 metri su una parete di quasi mille metri è stata attrezzata dallo speleologo trevigiano Antonio De Vivo.
Nei pressi del campo, in piena cresta, il geologo Francesco Sauro e la speleologa padovana Roberta Tanduo hanno individuato nella roccia una serie di depressioni, somiglianti, per forma e disposizione, a impronte di dinosauro. Una più attenta prospezione della superficie rocciosa ha poi rivelato una pista costituita da 5 probabili impronte disposte lungo un’unica direzione e a distanza regolare l’una dall’altra. Le orme sono state documentate con foto e video dal cineoperatore Enzo Procopio. Le immagini sono state successivamente analizzate dal paleontologo Matteo Belvedere (Università di Padova), che ha confermato l’ipotesi, dichiarando:
«Le depressioni ritrovate sono quasi tutte circondate da un rilievo, un orlo, detto “bordo di espulsione” che indica che la depressione non è legata al carsismo bensì all’impressione di un oggetto nel sedimento. In base al loro allineamento, le depressioni possono essere interpretate come orme di un animale bipede, ma questa ipotesi potrà essere suffragata solo in seguito ad ulteriori rilievi. Il cattivo stato di conservazione, dovuto alla natura carsica della roccia e all’esposizione agli agenti atmosferici, non consente di determinare con precisione la specie animale. Tuttavia le dimensioni (circa 15-20 cm di lunghezza) e l’andatura verosimilmente bipede lasciano supporre che si possa trattare di un dinosauro carnivoro di dimensioni medio-piccole (3-4 m di lunghezza), simile ad un Coelophysis.»
La scoperta conferma l’elevato potenziale paleontologico delle Dolomiti, montagne impervie in cui gli affioramenti sono spesso situati su ripidi versanti o in zone di cresta quasi inaccessibili. Se l’ipotesi iniziale verrà confermata, le impronte sono tra le più alte finora trovate in Europa, seconde solo a quelle rivenute in Svizzera sulla sommità del Piz Mitgel (quota 3127 m slm).
Ulteriori ricerche verranno effettuate nel corso della prossima stagione estiva ed è possibile che la superficie rocciosa della cresta riveli in futuro nuove piste. Più a ovest infatti, sui versanti del Monte Pelmetto, sono già note altre piste di dinosauro impresse nella formazione rocciosa della Dolomia Principale.
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