Vino da messa
La Chiesa cattolica ha sempre posto grande attenzione alla viticoltura proprio per poter assolvere questo irrinunciabile dovere. Molti scritti antichi documentano scambi di idee e fitte relazioni fra i Monasteri ed il Vaticano sull’argomento. Da alcuni incartamenti si evince che, fino al XVIII secolo, gli Arcivescovi, in caso di necessità, scagliavano contro i parassiti delle vigne una “maledittione”, comperandola a Roma.
Il Gruppo di Studio Internazionale denominato “Il vino sull’altare”, operante dal 1987, svolge studi sul ruolo delle religioni nella diffusione della vite e sulla storia, la liturgia e la scienza del “Vino da Messa”. Sono state promosse approfondite ricerche per la produzione di questa tipologia di vino, mettendo in evidenza un vino altamente selezionato denominato “Malvaxia Sincerum”, mentre è allo studio un moscato d’Asti che porterà il nome “Alleluia”.
La Casa Vinicola Bava di Cocconato d’Asti da anni promuove un simposio internazionale, coordinato da Roberto Bava, dedicato al “Vino della Santa Messa”, al quale partecipano religiosi, etnologi e scrittori. Da secoli qui le suore vinificano per la Chiesa.
Attraverso questo fermento di iniziative passa quasi inosservata l’attività vitivinicola delle “Figlie di San Giuseppe” che operano silenziosamente da più di 90 anni nel loro monastero a Santo Stefano Belbo(Asti), paese natale di Cesare Pavese. L’Ordine venne fondato un secolo fa da Clemente Marchisio, parroco di Rivalta Torinese, il quale durante un colloquio a Roma con Papa Leone XIII, raccolse l’invito di produrre, proprio in Piemonte, il vino da usare per la S.Messa. Inizialmente venne aperta una Casa a Rivalta, poi nel 1906 alcune suore dell’ordine dettero vita alla comunità di Santo Stefano Belbo, nelle Langhe. Oggi producono uno speciale “Moscato da Messa” che viene usato per officiare il servizio liturgico, sia in Vaticano che nelle chiese. Questa comunità è stata probabilmente la prima a svolgere scientificamente questo compito trattando la lavorazione del vino a scopo liturgico.
La Madre Superiora è la responsabile del processo di vinificazione, i cui segreti vengono trasmessi oralmente da un secolo. La cernita delle uve più adatte, da acquistare sui mercati locali e la parte tecnica della lavorazione sono affidate ad un enologo, ma è tradizione che la fase “segreta” del procedimento, dalla vinificazione all’imbottigliamento, venga svolto dalle consorelle. Lavorano in silenzio nelle cantine del loro monastero che sorge quasi a ridosso del torrente Belbo, alla periferia del paese. La pace è intensa, la professionalità grande, la fede immensa. E’ in questa ovattata semplicità, fra il rispetto ed il plauso della popolazione locale che le religiose portano avanti il servizio del “Vino da Messa” richiesto loro dalla Chiesa. Ovviamente non è un prodotto in vendita ai privati e, per distinguerlo, viene imbottigliato in speciali confezioni. Partita da una attività iniziata a livello artigianale, oggi si può parlare di un’azienda altamente specializzata al servizio della liturgia nel rispetto della religione cristiana, una impenetrabile cantina/monastero.
E’ questo un mondo silente tutto da esplorare e che ci può dare impensabili sorprese, non solo da un punto di vista del cibo, ma anche dal punto di vista artistico. Il pensiero corre all’Abbazia di Piona, a 6 km da Colico, in una suggestiva posizione all’estremità di una penisoletta fra il lago di Como e l’omonimo laghetto. E’ un delizioso piccolo monastero cluniacense, con una chiesetta del XI secolo, e un suggestivo chiostro romanico – gotico(1257) sorretto da capitelli finemente scolpiti, dove i frati vendono tisane, liquori e caramelle a base di erbe.
Si contano ormai a centinaia le aziende gestite da monache e frati che, in tutto il mondo, producono alimenti, rigorosamente trattati in modo naturale, facendo tesoro delle tradizioni locali. Ottime tisane, dolci, conserve dai mille sapori, miele, confetture ed altre ghiottonerie vengono messe in vendita, i cui proventi vanno ad alimentare le necessità della Divina Provvidenza.
Molte comunità di suore hanno scelto la viticoltura quale valido aiuto per il finanziamento delle opere socio – assistenziali del loro Ordine, ed una di queste è quella della Compagnia delle Figlie del Sacro Cuore Evaristiane, fondata in Sardegna a Villa Muscas da Padre Evaristo Madeddu nel 1939. I vini attualmente prodotti nascono dalle coltivazioni biologiche della comunità e l’azienda conta otto etichette, tutte di grande valenza, delle quali l’ultima è quella del “Novello 2003, il Saturnino”.
Se volete assaggiare ed acquistare stupende marmellate di frutta, basta recarsi dalle Monache trappiste di Vitorchiano (Viterbo), oppure nei migliori negozi di città, mentre a Roma il collegio benedettino delle suore di Torre Argentina offre vitto e alloggio a studentesse, ragazze lavoratrici e famiglie di passaggio, unendo alla pace del luogo la prelibatezza di una raffinata cucina e momenti di festa in occasione del Natale, di Carnevale e di Pasqua, grazie all’animazione canora dopo la lettura della parola del giorno e ai dolci di Suor Eufemia. La superiora, Suor Palaga, è di origine rumena e segue personalmente le ragazze nel loro percorso formativo, inoltre mensilmente si organizzano gite e visite alle case comunitarie gemellate.
Ci sono anche monasteri che hanno decisamente ribaltato la loro “attività”. Su uno sperone che domina la Pianura Padana dal Po alle Alpi, dal 1167 sorge il Monastero di Rocca delle Donne(Alessandria), all’epoca di appartenenza all’Ordine Benedettino. Il Marchese del Monferrato, uno dei Principi più potenti d’Italia, l’aveva fatto costruire, con splendore e fasto, per ospitare due nobildonne del casato che avevano intrapreso vita monastica. Dopo un altalenare di secoli, di rovine e di guerre, divenne tenuta agricola della Curia di Casale. Dal 1967, acquistato dalla famiglia Rosso, grazie ad un sapiente restauro ha ripreso splendore ed oggi viene prodotto il vino “Rosso della Rocca”, inoltre vi è un’enoteca di vini pregiati custoditi in antiche cantine scavate nel tufo.
Non bisogna dimenticare i piatti cucinati direttamente da frati e monache, seguendo le ricette della tradizione monastica. Mangiare nei conventi è oggi una nuova tendenza e il capostipite è stato Frate Eligio che nel castello di Cozzo Lomellina (Pavia) aveva creato un ristorante a 5 stelle.
Nei santuari sparsi in tutta la penisola i ristoranti sono ospitati negli antichi refettori trasformati in trattorie, propongono pietanze dimenticate.
A Rivazzano (Pavia), alcuni decenni fa, sorse “L’oasi della pace” gestita dalle Suore della “Pia Famiglia delle Sorelle del Santo Rosario” che cucinano per la loro clientela, ma è necessario prenotare diverso tempo prima per trovare un tavolo libero. La Superiora è Suor Margherita che si è trasformata in un’ottima cuoca.
Alfredo Zavanone