Futuro per la pesca? Riceviamo e pubblichiamo
Credo che il modello di sviluppo che ha accompagnato il comparto negli ultimi venti anni sia da rivedere profondamente e da ripensare a partire dalla nuova Politica Comune della Pesca (PCP) in corso di elaborazione a Bruxelles che deve definire regole generali ma consentire una concreta attuazione nelle situazioni specifiche dell’Area Mediterranea ma in particolare Adriatica. Temiamo però che anche questa fase di legislazione Comunitaria non ci sarà favorevole. Il governo delle regole della pesca sono di stretta competenza europea ed i margini nazionali assolutamente ridotti e subordinati alla regolamentazione Comunitaria. Le stesse Regioni agiscono all’interno di programmi strategici ed operativi che offrono pochi spazi a fantasie compositive dopo l’introduzione del Reg. Mediterraneo. Purtroppo gli incontri tra i pescatori e gli amministratori locali sono quasi sempre uno sfogatoio senza reali vie d’uscita e anche le possibili rimodulazioni di fondi di pertinenza delle Regioni espongono a percorsi incerti. Il caso del Veneto che intende utilizzare parte dei fondi propri per la flotta per incentivare il ritiro dei pescherecci messi fuori gioco dalla conclusione della deroga della pesca nelle tre miglia rappresenta una delle situazioni non concluse per l’incertezza delle procedure.
Ma cosa potrebbe influire sul sistema per renderlo più duttile, meno dipendente dai costi energetici e dalla legislazione Comunitaria e da tutto il resto?
Noi crediamo che una maggiore presa di responsabilità da parte di tutte le componenti del sistema pesca potrebbe orientare in modo più consapevole la strategia delle imprese per ritrovare quote di mercato, margini di guadagno all’interno della filiera del valore e remunerazione per i marittimi.
Anche sotto questo aspetto però devono finire le ambiguità ed i doppi giochi: il prelievo delle catture deve essere compatibile con la capacità di riproduzione delle scorte naturali marine, messe a repentaglio da una pesca sempre più invasiva e meno attenta alla compatibilità di accesso alla risorsa. Abbiamo visto una sequenza di pianificazione teorica mai approdata a risultati concreti e sempre più autoreferenziale, resa molto difficile per la complessità dell’esame del dato aggregato. La lettura dei dati della pesca, anche per le ambiguità molte volte evidenziate dai flussi teorici del prodotto, ha reso la vita difficile al pianificatore ed il solo approccio cautelare sulla risorsa non è sufficiente a governare un comparto se si trascura quello economico E anche su questo versante solo un rapporto sullo stato delle risorse dell’ottobre del 2010 redatto da un gruppo di lavoro coordinato dal Prof. Corrado Piccinetti ha evidenziato lo stato di sofferenza di talune risorse dando anche delle utili indicazioni per possibili strategie di riparazione, attuate solo in parte con i decreti sull’interruzione temporanea dell’attività di pesca con effetti locali bruciati quasi subito per eccesso di pesca.
In tale contesto va anche evidenziato come il sistema dei controlli così ben congegnato a livello teorico sia così eluso all’atto pratico con sistematiche violazioni delle distanze di rispetto dalla costa.
Ha scarso peso formulare proposte teoriche senza un reale coinvolgimento responsabile delle marinerie o di gruppi che hanno maturato coscienza diversa sullo sfruttamento del mare, dove prevalga la razionalità di una pesca di migliore qualità, portata alla valorizzazione delle caratteristiche territoriali e a prolungare la catena della freschezza per un migliore servizio al mercato anche utilizzando le tecnologie di quarta gamma.
Certo i sistemi della cooperazione, i gruppi organizzati, le Organizzazioni di Produttori Italiani possono essere in grado di prendere in mano questa incombenza ma vanno aiutati e favoriti in questa opera di cambiamento copernicano dell’orientamento tenuto fino ad ora dagli operatori.
Molto possono fare le Associazioni di Categoria per favorire un’azione sinergica senza la quale le timide o più strutturate proposte rischiano nelle confuse assemblee di base di disintegrarsi sotto il baratro delle difficoltà economiche che impedisce alla gente di vedere le possibili vie d’uscita, preferendo sempre il richiamo a finanziamenti, sgravi sui carburanti e quant’altro senza una modifica strutturale dell’attività di pesca, quasi fosse solo questo settore in crisi.
Dobbiamo modulare meglio la nostra capacità di cattura e di offerta sul mercato, tenendo conto della concorrenza in particolare sul mercato Adriatico di Croazia e Dalmazia; anche rispetto a queste dobbiamo rapportarci nell’ambito di una concorrenza più ampia, radicata e di grande spessore economico che le multinazionali alimentari del settore ittico rappresentano in Italia.
Se saremo capaci di fare un passo indietro e di introdurre una limitazione ragionata alle catture potremo meglio governare anche la struttura dei costi non disperando che il mercato dei consumi stimolato anche dalla nostra consapevole presenza possa dare i propri frutti. Ci vorrà del tempo, senza bacchetta magica e con scarse risorse ma questa è la nostra strada.
Allora perchè non ipotizzare un percorso di concordia già in atto per alcuni tipi di pesca ed in fase di verifica in queste settimane in alcune marinerie e presso il competente Ministero con il concorso della ricerca, delle Organizzazioni di produttori, componenti di prodotto e di rappresentanza sindacale.
Crediamo che il nostro futuro possa dipendere anche da noi e non solo dagli altri.
Il Veneto non fa eccezione, anche se sfavoriti dalla legislazione Comunitaria, serve uno scatto di reni, il potenziale biologico, la tradizione storica delle nostre marinerie dove spiccano Chioggia, Caorle, Pila di Scardovari, centri di eccellenza sul piano quantitativo e per Pila anche qualitativo, possono attraverso la condivisione di strategie di gruppo formulare proposte gestionali efficaci, mettendo da parte egoismi e rivalità fuori luogo. La salvezza delle imprese e la salvaguardia dell’occupazione sono nelle nostre mani, operazione complessa ma alla portata delle persone forti.
Enzo Fornaro Presidente Federcoopesca-Confcooperative Veneto