Più impegno UE per accesso donne a carriere internazionali
Le carriere delle donne sono generalmente limitate da due tipi di barriere. Innanzitutto ci sono le barriere all'entrata, che precludono molte donne dall'essere assunte per un posto di lavoro, sia per discriminazioni durante il processo di selezione, che per stereotipi all'interno della società legati al ruolo della donna, in particolare all'interno della famiglia.
Altre barriere sono quelle che impediscono alle donne che hanno già un lavoro di essere promosse e fare carriera. E' il cosiddetto "soffitto di vetro", quella barriera invisibile che separa le donne dalle posizioni di responsabilità all'interno di aziende e organizzazioni, dovuta da un insieme di convinzioni socio-culturali, dalla mancanza di politiche adeguate per il bilanciamento della vita lavorativa con quella familiare e dalla convinzione che esista uno specifico modo di lavorare femminile incompatibile con ambienti di lavoro maschili.
Se queste sono le problematiche che emergono generalmente sul posto di lavoro, le carriere nelle organizzazioni internazionali presentano ulteriori difficoltà e sfide per le donne. Innanzitutto, riguardano un tipo di lavoro caratterizzato da molti spostamenti all'estero, che possono essere incompatibili con vita famigliare, impegni personali e carriera del proprio partner. Inoltre, assumere una funzione all'interno di organizzazioni internazionali può implicare trasferimenti in zone di conflitto, spesso considerati non adatti per le donne. Per questo motivo, anche se le organizzazioni internazionali tendono a tutelare la diversità all'interno dell'ambiente lavorativo, le donne possono trovarsi di fronte ad alte barriere in questo campo.
E' questo il tema principale evidenziato nello studio "The Long Walk to Gender Parity in International Organizations", realizzato dall’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) in occasione della conferenza "Women in Diplomacy, Building a Network for a Better World", tenutasi lunedi 16 Luglio a Roma su iniziativa del Sottosegretario agli Esteri Marta Dassù.
Tale studio pone l'accento sul ruolo attivo delle organizzazioni internazionali nel migliorare l'uguaglianza tra uomo e donna nell'economia, nelle relazioni di potere, nei media e nelle posizioni di responsabilità. Un esempio è quello dell'Unione europea, che fin dalla sua fondazione si è impegnata a difendere il diritto di uguaglianza delle donne nei confronti del genere maschile. E' nel 1957 che il principio di parità di retribuzione per lo stesso lavoro divenne parte del trattato di Roma. Poi, nel 1988 sono state introdotte politiche per le pari opportunità, e infine nel 1995 sono stati istituiti target annuali di occupazione femminile. Recentemente, è stata approvata la Strategia europea per la parità tra donne e uomini che rappresenta il programma di lavoro della Commissione europea in materia di uguaglianza di genere per il periodo 2010-2015.
Questo processo graduale per la tutela delle pari opportunità all'interno dell'Unione europea contrasta con l'approccio molto più ambizioso dell'ONU, che prefissa l'obiettivo di una parità assoluta: che le donne rappresentino almeno il 50% del personale totale.
Entrambe queste organizzazioni hanno preso parte alla Piattaforma d'Azione di Pechino del 1995, dove sono stati definiti norme e strumenti per garantire le pari opportunità e monitorare lo sviluppo del ruolo delle donne all'interno delle organizzazioni internazionali.
Dal '95 ad oggi, soltanto Unione europea e Nazioni Unite sembrano aver fissato target specifici per tutelare e favorire l'uguaglianza tra donne e maschi. Tuttavia, anche queste politiche sembrano aver avuto un successo limitato. Infatti, se queste ultime hanno avuto delle influenze positive nell'aumento dell'occupazione femminile, per ora non hanno molto contribuito alla promozione delle carriere femminili all'interno delle organizzazioni stesse.
Servono perciò non solo nuove politiche che garantiscano l'effettiva implementazione dei principi espressi nella Piattaforma d'Azione di Pechino, ma anche strumenti appropriati per garantire pari opportunità di carriera alle donne che scelgono di intraprendere una carriera internazionale.
(Fonte: Rappresentanza a Milano della Commissione europea)