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Veneto, piccole imprese: ancora calo occupazione straniera

26/07/2012
L’occupazione straniera nelle piccole imprese venete fa registrare nel primo semestre 2012, un calo del -0,8% rispetto al semestre precedente e le previsioni segnalano un lieve incremento dell’1% per il 2° semestre del 2012. Un mercato del lavoro, quello straniero, composto principalmente da lavoratori provenienti dall’Est Europa (prima Romania), che ricoprono professioni scarsamente qualificate e reclutati dalle imprese per supplire alla mancanza di manodopera locale.

Questi, i principali risultati di un’indagine condotta dalla Fondazione Leone Moressa su un panel di 600 imprese venete con meno di 20 addetti, che analizza le caratteristiche del mercato del lavoro straniero, evidenziandone le trasformazioni congiunturali in corso.

Andamento occupazionale degli stranieri nelle piccole imprese venete. Le variazioni percentuali dell’occupazione nella prima parte dell’anno mostrano un calo complessivo degli stranieri che si attesta a -0,8 punti percentuali. Un calo in linea con la tendenza che interessa il totale degli occupati nella piccola impresa (-0,9%). La riduzione degli occupati stranieri sembra riguardare in particolare il settore dell’edilizia (-2,9%) che, insieme a quello della produzione, è il comparto che fa maggior ricorso alla manodopera straniera: su 100 imprese edili 52 annoverano lavoratori stranieri, mentre nella manifattura si tratta di 41 imprese su cento. Al contrario del settore dell’edilizia, la produzione non registra nessuna variazione significativa nel personale straniero, né in positivo né in negativo. Così come rimane invariato il numero di occupati nel settore dei servizi alle imprese, mentre cala lievemente nei servizi alle persone (-0,8%). Le previsioni per la seconda parte dell’anno, segnalano l’intenzione delle piccole imprese di non investire particolarmente in nuove assunzioni, che rimangono invariate per gli autoctoni ed aumentano solo dell’1% per gli stranieri, soprattutto nel settore della produzione (4,0%) e dell’edilizia (4,1%).

Le tipologie contrattuali. Per quanto riguarda i contratti in essere, la gran parte degli stranieri (84,5%), così come il totale degli occupati (85,3%), è inquadrata con contratti di lavoro a tempo indeterminato. Per le future assunzioni però gli imprenditori intervistati dichiarano di voler utilizzare prevalentemente forme contrattuali a termine, non solo per quanto riguarda la manodopera straniera (78,9%), ma anche per quella complessiva (60%), anche se in questo caso l’incidenza di contratti a tempo indeterminato rimane più significativa (40%).

Identikit dei lavoratori stranieri.

Provenienza. I lavoratori stranieri attualmente occupati nelle piccole imprese venete provengono principalmente da paesi europei non comunitari (41,3%), come Albania (16,6%) e Moldavia (8,4%), e da Paesi comunitari (31,9%), specie dalla Romania (29,8%). Significativa è anche la presenza degli africani (16,8%), soprattutto provenienti dal Marocco (9,9%).

Qualifica ed esperienza richiesta. Gli stranieri per la maggior parte ricoprono mansioni non qualificate (56,4%), mentre il 39,6% risulta essere operaio specializzato. A questi lavoratori d’altronde, non viene richiesta alcuna esperienza lavorativa particolare: la maggior parte degli imprenditori ricerca lavoratori con un’esperienza generica (44,8%) o con un’esperienza specifica nel settore di interesse (41,6%), mentre solo il 13,6% non richiede alcun tipo di esperienza.

Incontro domanda e offerta di lavoro. Imprenditori e lavoratori stranieri instaurano un rapporto di lavoro principalmente in seguito ad un contatto diretto (45,1%). La segnalazione di persone terze (27,2%) e l’intermediazione di agenzie per l’impiego e del volontariato (27,7%) sono percorsi meno praticati.

La maggior parte degli imprenditori (58,7%) assume stranieri perché fa difficoltà a trovare manodopera locale da impiegare nella propria impresa; il 13,6% perché accettano mansioni meno qualificate e più pesanti, il 10,2% perché considera gli stranieri più seri e affidabili e il 6,8% perché sono disposti a lavorare fuori dal consueto orario di lavoro.

Per le mansioni che svolgono, oltre la metà degli imprenditori richiede ai lavoratori stranieri una conoscenza minima della lingua italiana (58%), mentre il 35,1% pretende un livello di conoscenza approfondito e il 5,6% la conoscenza del vocabolario tecnico. Appena l’1,3% è indifferente al fatto che i lavoratori la conoscano.

Il 63,3% delle imprese versa gli stipendi dei lavoratori stranieri su conto corrente, il 33,3% salda i crediti tramite assegno e solo il 3,3% dei pagamenti avviene in contanti.

“Il calo degli occupati stranieri nella piccola impresa veneta nella prima parte dell’anno” affermano i ricercatori della Fondazione Leone Moressa “è uno dei sintomi della crisi, che ha visto le imprese di piccole dimensioni più esposte alle criticità del momento. Tuttavia, le previsioni evidenziano una lieve ripresa nelle assunzioni anche se a termine, che stimoleranno solo in parte l’occupazione straniera. Le 14.670 assunzioni previste per il periodo estivo in Veneto, di cui 2.757 riservate ai soli stranieri (dati Excelsior Unioncamere), contribuiranno ad alleviare, anche se marginalmente, le difficoltà degli ultimi anni. Ma occorrerà aspettare ancora del tempo prima di ritornare ai livelli occupazionali precrisi. I 28mila stranieri ancora senza lavoro in Veneto rischiano infatti di diventare clandestini se non trovano una nuova occupazione, dal momento che il lavoro è per gli immigrati la condizione necessaria per il regolare soggiorno in Italia. E’ vero che la perdita del lavoro è e sarà un motivo di allontanamento dal territorio veneto per gli immigrati, come dimostrato dai dati Istat (- 54.000 nel corso di un anno), sebbene non si escluda che una parte di essi possa continuare a soggiornare nella regione come irregolare. Non è sicuro che l’allungamento da sei mesi ad un anno del permesso di soggiorno per attesa occupazione, introdotto dalla recente riforma del mercato del lavoro, permetterà agli immigrati di trovare realmente un nuovo posto di lavoro: serve infatti che l’intero sistema produttivo regionale riprenda almeno il ritmo precrisi”.

(Fonte: Fondazione Leone Moressa)

www.fondazioneleonemoressa.org

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