Malattia di Alzheimer: ricerche, lavoro, proposte, progetti
E' una malattia che può comparire in qualsiasi periodo dell'età adulta. Interessa attualmente in America cinque milioni di persone che fra 20 anni si prevede arriveranno a otto milioni. In Italia sono circa sette-ottocentomila. A metà del nostro secolo se non si troveranno i giusti farmaci i demografi prevedono che nel mondo ci saranno 115 milioni di ammalati di Alzheimer. La prospettiva di durata della vita cresce e con l'aumentare dell'età l'unica cosa certa infatti è che il numero di ammalati aumenterà.
Viene distinta in una forma sporadica, che è la più frequente e interessa generalmente l' età avanzata, e una genetica che viene trasmessa ereditariamente. Questa a sua volta si distingue in un tipo a rapida insorgenza (45-50 anni) e uno ad inizio lento, dopo i 60 anni. Per poter pensare che si tratti di Malattia di Alzheimer bisogna innanzi tutto escludere qualsiasi malattia sistemica o altra malattia cerebrale che possa spiegare i deficit cognitivi.
I sintomi iniziali sono dati da lieve perdita della memoria alla quale fa seguito demenza progressiva. Compaiono successivamente alterazioni cognitive come la capacità di pianificare, di ordinare in sequenza, astrarre, organizzare, si associano poi aprassia, agnosia... Si altera il ritmo sonno-veglia, la deambulazione diventa difficoltosa con braccia e gambe allargate e leggermente piegate in avanti, piano piano i muscoli si irrigidiscono e il paziente diventa immobile, muto, incapace di alimentarsi, si avvia verso la morte nel giro di 8-10 anni.
E' una malattia grave che provoca grande sofferenza per il paziente e per i familiari che gli sono vicini poiché impotenti e incapaci di aiutare quella persona che assomiglia sempre meno al proprio caro. E' molto costosa: la gestione di un paziente con malattia di Alzheimer è superiore ai 61.000 euro all'anno.
Come abbiamo detto Alzheimer l'ha descritta per primo, ma alla scoperta ha contribuito in modo importante anche il suo collega italiano il medico Gaetano Perusini. Nel 1906 sono state descritte le lesioni cerebrali responsabili della malattia: le placche extracellulari di amiloide e i grovigli intracellulari. La perdita di memoria e le allucinazioni che sono i sintomi associati sono stati inizialmente considerati un semplice segno dell'invecchiamento cui va incontro il cervello.
Solo nel 1960 si è riusciti a stabilire il rapporto fra perdita di memoria e le placche cerebrali che Alzheimer aveva descritto più di mezzo secolo prima. Negli anni 80 si riescono a capire e descrivere i processi biochimici che causano la formazione delle placche e dei grovigli nelle cellule del cervello (i neuroni). Occorrono altri dieci anni per capire che possono essere in grado di sviluppare la malattia anche fattori genetici, vale a dire legati ai nostri cromosomi.
Negli anni 90 vengono messi in commercio i primi farmaci che sono capaci solo di migliorare i sintomi per qualche tempo.
Dal 2000 alle indagini genetiche si affiancano quelle nel liquor cerebrospinale e tecniche di immagini come la Risonanza Magnetica Cerebrale. Eseguita con modalità particolari e con traccianti in grado di accumularsi nelle placche di amiloide permette di seguirne l'evoluzione. Nel primo decennio del 2000 iniziano gli studi sui farmaci e le tecniche terapeutiche che possano curare la malattia. I trattamenti danno risultati poco soddisfacenti anche perché vengono somministrati alla comparsa dei sintomi: quando questi compaiono la Malattia di Alzheimer è già presente da 10-20 anni e nel cervello si sono creati danni irreparabili. Le cure per essere efficaci devono iniziare il più presto possibile, prima ancora della comparsa dei sintomi, quando la memoria è ancora integra. Solo così la terapia impedirebbe il danno alle cellule del cervello garantendo l'integrità delle strutture che tali cellule formano. La diagnosi è molto difficile.
Ne è esempio la seguente esperienza. Ho recentemente individuato una numerosa famiglia che dall' inizio del 1800 presenta demenza trasmessa con carattere autosomico dominante: la malattia si manifesta in numerosi componenti delle generazioni della famiglia. Visti i sintomi è stata considerata Malattia di Alzheimer. Per meglio classificarla abbiamo effettuato uno studio genetico, che ha escluso però mutazioni sui geni responsabili di M. di A. Pertanto questa demenza fino ad ora considerata e trattata come M. di A. è una demenza di tutt'altro tipo. Per capire quale inizieremo un' exome sequencing per individuare quali siano i geni che la causano.
E' evidente quanto sia fondamentale trovare il modo per far diagnosi specifica e precoce di M. di A. Per ora in base alla clinica, ai sintomi, si fa solo diagnosi di demenza la quale all'esame anatomopatologico risulta essere effettivamente M. di A. solo nel 60-70% dei casi.
E' chiara l'importanza di ricercare e trovare i biomarcatori specifici, vale a dire quelle sostanze che indicano o addirittura predìcano la presenza della malattia. E' questa la via che i ricercatori devono percorrere.
Uno studio promettente è stato promosso dall' Associazione Europea Ricerca Encefalopatie Genetiche (AEREG), fondata anni fa dal Dott. Vladimiro Artuso. E' un' Associazione Scientifica che non alcun scopo di lucro, il cui unico intento è di studiare e collaborare con Istituzioni Scientifiche per scoprire, conoscere e curare le malattie genetiche che causano degenerazione delle strutture cerebrali.
A questo studio -iniziato alcuni anni or sono - collaborano con l' AEREG il Dipartimento di Neuroscienze del Mario Negri di Milano, l' Ospedale Regionale di Treviso e di Oderzo, l'Unità di proteomica dell' IRCCS Fatebenefratelli di Brescia. Lo scopo è appunto la ricerca di quei biomarcatori che indichino la presenza della malattia prima che compaiano i sintomi e quindi che si verifichino i danni a carico del cervello. Questi biomarcatori vengono ricercati nel liquor cerebrospinale e nel sangue, allo scopo di poter far diagnosi precoce con un semplice prelievo di sangue ed iniziare le cure precocemente in modo da poter bloccare gli oligomeri (piccole parti di proteina) che costituiranno le placche di amiloide che saranno i depositi dai quali nuovi oligomeri si dipartiranno provocando i ben noti danni della malattia.
Esiste un farmaco molto promettente e poco costoso in grado di agire sugli oligomeri.
Per dare l'idea di quanta e quale sia la drammaticità e l'importanza con cui viene sentita questa malattia ricordo infine il National Alzheimer's Project Act, firmato lo scorso anno dal Presidente americano Barak Obama. Due sono le componenti principali. La prima è l'intenzione della Casa Bianca di investire per i prossimi 13 anni la storica cifra di 156 milioni di dollari per capire e sconfiggere la Malattia di Alzheimer. I primi 130 milioni saranno stanziati fra il 2012 e il 2013.
La seconda sono i cinque punti del piano. In particolare il primo che afferma la volontà che entro il 2025 la M.di A. sia prevedibile e curabile. Il National Alzheimer's Project Act parte dalla consapevolezza che ogni giorno ricercatori sparsi nel mondo aggiungono nuovi tasselli alla comprensione delle cause e delle possibili strategie di prevenzione e trattamento della malattia.
La parte difficile è calare le idee nella clinica. Perciò il Dipartimento della Salute Americano si impegna a dare priorità ed ad accelerare la ricerca. Si investirà molto nell'identificazione dei meccanismi molecolari e cellulari della malattia e nella ricerca genetica dei fattori di rischio e protezione. Verrà data grande attenzione alla ricerca dei biomarcatori che possano indicare se la persona si stia ammalando anche 10 anni prima della comparsa dei sintomi. L'intento è duplice: promuovere la diagnosi precoce; identificare strategie di prevenzione e trattamento capaci di rallentare almeno la progressione di malattia.
Questo ci conforta poiché è in sintonia con il nostro progetto; probabilmente stiamo tracciando e percorrendo una buona strada, visto che è condivisa anche da altri.
dottor Vladimiro Artuso
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