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Asterisco Informazioni di Fabrizio Stelluto

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Nuove cinematografie crescono

29/08/2012
Il nuovo laboratorio italiano che supporta i talenti emergenti del panorama internazionale ha una sigla significativa: Torino Film Lab, collegato al Torino Film Festival e promosso dal Museo Nazionale del Cinema e della Film Commission Piemonte. Venezia 69 ospita nella sezione “Orizzonti” proprio due opere prime di due registe e sceneggiatrici i cui soggetti sono supportati dal T.F.L. Assolutamente sensazionale il nome di Haifaa Al Mansour autrice di “WADJDA” il primo lungometraggio girato da una donna in Arabia Saudita che racconta della passione di un’adolescente per il ciclismo ed il suo sogno per una bicicletta verde, in un paese che vieta alle donne di praticare lo sport così come di dedicarsi alle arti e quindi a far cinema.

In questo paese dove non esistono un’industria cinematografica né sale cinematografiche, Al-Monsour, che viene da una numerosa famiglia liberale dove già la madre si rifiutava di portare il velo, ha deciso che fosse irrinunciabile tentare di portare nuovi concetti in una società insopportabilmente chiusa per aprire nuovi orizzonti di tolleranza.

Prima del 2005 Al-Monsour aveva già girato tre corti tra cui “Who” del 2003 dove già esplorava quello che diventerà il suo tema ricorrente: le restrizioni sull’abbigliamento femminile che approfondirà poi nel controverso documentario dal titolo emblematico “Donne senza velo”, che per altro ha ricevuto molti premi dall’estero.

La speranza che il suo lavoro apra ad altre donne strade mai potute affrontare prima, le ha dato la forza per superare innumerevoli ostacoli: (gli esterni di “Wadjda” sono stati girati con la regista nascosta in un furgone). Ha ricevuto lettere di odio, messaggi offensivi e persino minacce di morte. Accusata di far film occidentalizzanti e di criticare l’Islam, è stata tacciata come una vergogna per la società saudita Al-Monsour cita il cinema iraniano come grande fonte di ispirazione: Kiarostami e Makhmalbaf sono solo due tra i molti registi che come lei hanno usato storie di bambini per i loro temi metaforici dell’attuale situazione sociale.

Il secondo film supportato dal TFL è “Leones”, firmato Jazmin Lopez classe 1984, nato a Buenos Aires e laureata in regia alla Universidad del Cine dove tuttora insegna. “Leones” è un film straniante e sensuale nelle immagini e nel tema, rafforzato dall’impatto visivo curato dalla fotografia di Matias Mesa (Elephant, Babel). A tratti la trama assume un ruolo secondario all’interno di un alone onirico fortemente surreale.

Secondo l’autrice è un saggio sulla morte dal punto di vista di un essere mortale, sulla sua bellezza e sulla sua incomprensibilità. Ma poiché i protagonisti sono quattro giovani è pure un film sulla gioventù e le sue ossessioni, sull’ansia generazionale mischiata alla noia. Quanto debole è il corpo umano s’interroga la regista, in confronto alla forza costruttiva della mente?

Lopez, influenzata dalla cultura del suo paese fortemente intessuta di approcci fantastici alla realtà, esplora e tenta di spezzare i limiti tra fantasia e realtà. Ha seguito i personaggi con una steadycam (“essa stessa profuma di fantasia” dice la regista) cosicché l’aria sembrasse liquida. e per chiarire quanto di voluto ci sia in questa dicotomia, cita “L’Angelo sterminatore” di Bunel dove i personaggi non riescono ad oltrepassare un’invisibile barriera: la fantasia dentro la realtà.

Mariateresa Crisigiovanni

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