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Daniele Ciprì balla da solo

02/09/2012
Per apprezzare al meglio “E’ stato il figlio” uno dei tre films italiani in concorso a Venezia 69, il pubblico dovrebbe conoscere la filmografia seppure breve della coppia Cipri Maresco (più nota per il talento antiretorico nel contesto del trash televisivo messo in miscellanea da BLOB) qui orfana della presenza di Maresco. Sia il loro primo film “Lo zio di Brooklyn” che “Toto’ che visse due volte” sono ambientati in una Palermo mostruosa dove il genere umano sembra occupato unicamente a soddisfare i propri bisogni ed istinti animaleschi. I temi sono la morte di Dio ed il pessimismo nei confronti del futuro, il contrasto tra il bene ed il male insiti nell’essere umano con l’inevitabile prevalenza del male e della violenza. Soprattutto il secondo film suscitò enorme scalpore e fu dichiarato “vietato a tutti” dalla censura italiana in quanto “blasfemo e sacrilego”, e solo in seconda battuta, grazie alle proteste di vari intellettuali che contribuirono all’approvazione di un disegno di legge per impedire alla censura di sottrarre al pubblico qualsiasi film, venne vietato ai soli minori.

“E’ stato il figlio” è tratto dall’omonimo romanzo di Roberto Alajmo del 2005. Un giallo iperrealistico la cui tesi è che la spasmodica passione per il denaro si accoppia sempre col sangue e con la morte. E di due morti si tratta: quello della figlioletta, vittima di una pallottola vagante mafiosa, e quella del padre, vittima forse del proprio figlio.

I protagonisti sono uno strozzino che fa il suo lavoro, una madre disposta per denaro a sacrificare il figlio, un padre che con i soldi del risarcimento dello Stato per la morte della figlia, acquista una Mercedes che diventerà poi la causa di ogni altro male. Nel film tutta la storia viene raccontata da Busu, un uomo infame che sguazza nelle storie sordide del paese, interpretato dallo straordinario Alfredo Castro regista teatrale, sceneggiatore ed attore nei film di Pablo Larrain tra cui “Tony Manero” dove interpreta, in pieno regime Pinochet, in un’orrida periferia di Santiago, un uomo laido ed assassino che sogna le luci della pista da ballo, perseguitato dall’icona del suo idolo Manero/Travolta de “La febbre del sabato sera”.

“Un giorno guardi il crocefisso e tutto quello che vedi è un uomo morente sulla croce” è la frase che Castro/Manero ripete meccanicamente nel culmine della “prova generale”. Interprete migliore, oltre a Tony Servillo qui sopra le righe, non potevano scegliere la produzione e Cipri’ per un’opera che scorre nella profonda povertà materiale e morale di un sottoproletariato alla ricerca di un infimo riscatto nel denaro per dimenticare la propria miseria. Il regista, che si avvia così finalmente ad una distribuzione in scala massiccia, ha composto un film rigorosamente d’autore, seppure doloroso e feroce, con una raggiunta maturità di inquadrature e di montaggio, scegliendo con il consueto coraggio il sud conflittuale ed eccessivo nel tentativo di fargli trovare una sua ragione.

Mariateresa Crisigiovanni

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