Accordo produttività
Il termometro dell’economia nella parte finale del 2012 segna ancora febbre alta nel comparto artigiano: mancanza di liquidità, scarsità di lavoro e quando le rare commesse vengono terminate, i pagamenti vengono diluiti ed in alcuni casi saltano sino ad esasperare i datori di lavoro che sono indotti a rifiutare nuove commesse che comportano solo costi certi e guadagni incerti.
In questo quadro di blocco dell’economia appare importante mantenere il tessuto produttivo il più possibile intatto per non disperdere il know how del territorio e preservare quella coesione sociale che almeno nel Veneto ha rappresentato un elemento competitivo.
Attualmente l’attenzione del Governo è tutta indirizzata a favorire il negoziato sul cosiddetto “contratto di produttività” ossia le regole per far scattare la detassazione degli emolumenti erogati ai dipendenti.
“Non vogliamo entrare nel merito tecnico della trattativa –spiega Sbalchiero- che, per altro, ha visto una spaccatura tra la grande impresa (che, per inciso, rappresenta meno della metà dei dipendenti coinvolti) e gli altri settori (artigianato, commercio ed istituti bancari), ma piuttosto di verificare se e quanto questo negoziato alla luce della situazione di crisi può, per il 2013, portare beneficio alle imprese. Non metto in discussione il valore e l’importanza di un eventuale accordo sulla produttività ma le risorse che sono state annunciate per sostenere l’accordo medesimo: 3,6 mld in tutto dato che al miliardo e 600mln iniziali si aggiungeranno altri 2 mld”.
Tutto questo in un contesto nel quale le indicazioni circa gli ammortizzatori sociali sono ridotte al minimo. E le poche che conosciamo, sono elemento più di preoccupazione che di speranza. Sappiamo, ad esempio, che la CIG in deroga verrà rifinanziata ma non conosciamo ancora il relativo importo né le procedure che il Ministro Elsa Fornero vuole adottare per le autorizzazioni alle imprese; sappiamo che la legge 2/09 che ha promosso gli ammortizzatori sociali nell’artigianato è stata abrogata ma stentano a partire i negoziati a livello nazionale per i cosiddetti “Fondi alternativi”.
Di converso sappiamo che per i licenziamenti che avverranno nelle piccole imprese dal 1 gennaio 2013 gli imprenditori dovranno versare una quota, non esigua, all’inps tanto che è stato coniato il termine “tassa sui licenziamenti”.
“Ricapitolando -prosegue il Presidente-, assenza di ammortizzatori sociali e nuovo balzello sui licenziamenti rischiano di produrre nel Veneto, dal punto di vista sociale, una “tempesta perfetta” devastante come lo è stato il tornado “Sandy” per gli USA. Allora al ministro Fornero proponiamo alcune cose semplici ed immediate:
• Prorogare l’attivazione dei Fondi alternativi al 2014 mantenendo in vita la legge 2/2009 per il tutto il 2013;
• spostare una parte delle risorse della produttività sugli ammortizzatori sociali (CIG in deroga e legge 2) per il 2013;
• mantenere sempre per il 2013 le regole vigenti in precedenza per le autorizzazioni alle imprese.
“Non ci sono costi aggiuntivi per il bilancio statale derivanti dalle nostre proposte –conclude Sbalchiero- ma solo una scelta precisa: mantenere un briciolo di speranza nelle nostre imprese che altrimenti agiranno nel corso del mese di dicembre non più come soggetti sociali che sono compenetrati nel territorio ma semplicemente sulla base di un freddo calcolo economico. Comunque vada, non ci tireremo indietro a rimettere al centro dell’azione la bilateralità artigiana per assicurare, nei limiti delle risorse disponibile, un primo intervento a favore dei lavoratori e delle imprese”.
(Fonte: Confartigianato Veneto)
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