Crisi: è già finito anche il pesce italiano
ll deficit nazionale - denuncia Impresa Pesca Coldiretti - potrebbe ulteriormente aumentare per effetto della crisi che ha determinato un riduzione dei prezzi di vendita ed un aumento dei costi di produzione che per circa la meta sono rappresentati dal gasolio mentre si fa sempre più grave la stretta creditizia delle banche. La forbice tra prezzo all'origine e prezzo al consumo - ricorda Coldiretti Impresa Pesca - si e sempre più allargata. Mediamente su ogni euro del prezzo al consumo agli operatori di settore sono destinati solo 25 centesimi.
Secondo elaborazioni Impresa Pesca Coldiretti su dati Ismea, anche per effetto della crisi, il consumo domestico di prodotti ittici è diminuito complessivamente dell’1,5 per cento nel 2012. In calo, soprattutto, gli acquisti di pesce fresco, scesi del 3 per cento rispetto allo scorso anno ed in particolare di alici (-9,9 per cento), calamari (-8 per cento) e vongole. Ad aumentare le difficoltà il fatto che due pesci su tre consumati in Italia provengono dall’estero, ma attualmente la legge sull’etichettatura prevede la sola indicazione della zona di pesca che peraltro non è prevista obbligatoriamente per il pesce servito al ristorante. Secondo Impresa Pesca Coldiretti solo rendendo obbligatoria l’etichettatura d’origine potrà essere garantita piena trasparenza rispetto alla situazione attuale in cui si moltiplicano i casi di pesce straniero spacciato per italiano. Basta pensare al pangasio del Mekong, venduto come cernia, fino al polpo del Vietnam spacciato per nostrano. Ma – denuncia Coldiretti - ci sono anche l’halibut atlantico spacciato per sogliola, il dentice dalla Mauritania e le vongole turche, mentre i gamberetti sono spesso targati Cina, Argentina, Mozambico o, ancora, lo stesso Vietnam, dove peraltro è permesso un trattamento con antibiotici che in Europa è vietato in quanto pericoloso per la salute.
Fonte: Coldiretti