Vitivinicolo: dai diritti alle autorizzazioni
Per questo Confagricoltura ha organizzato a Palazzo della Valle un incontro per discutere sulle recenti modifiche normative per il settore vitivinicolo a cui hanno partecipato il presidente della Commissione Agricoltura del Parlamento europeo Paolo De Castro e il direttore generale delle Politiche internazionali e dell’Unione europea del Mipaaf Felice Assenza.
La Confagricoltura ha sempre sostenuto che il regime dei diritti di impianto fosse – con alcuni opportuni adattamenti – lo strumento migliore per gestire il potenziale vitivinicolo europeo e nazionale ed ha appoggiato per tale motivo le posizioni a sostegno dello status quo. Tuttavia, al termine del negoziato, il quadro che oggi si delinea prevede il superamento dell’attuale regime in favore di un sistema di autorizzazioni gestito dalle autorità nazionali che partirebbe dal 2016 e che durerebbe fino al 2030.
“Ciò comporta - ha detto il presidente della Federazione nazionale vitivinicola Piergiovanni Pistoni - alcuni problemi molti critici per i nostri produttori. Innanzitutto l’entrata in vigore, che a nostro avviso non ha tenuto conto del necessario tempo di adattamento alla nuova modalità e che sarebbe dovuto essere il più ampio possibile. Ed ancora, la durata del nuovo regime. L’articolato concordato prevede un termine al nuovo sistema, con l’intenzione, dopo il 2030, di arrivare ad un sistema maggiormente “liberale”. Ciò è fortemente destabilizzante per un settore, come quello vitivinicolo, che ha bisogno di un sistema di gestione del potenziale produttivo duraturo e permanente”.
Preoccupa Confagricoltura anche la percentuale di crescita dei nuovi impianti.
“L’aumento del potenziale produttivo fino all’1% annuo per ogni Paese - ha rimarcato il presidente Guidi - potrebbe portare ad un sostanziale squilibrio produttivo, che faticosamente era stato raggiunto con il sistema dei diritti. Inoltre, l’introduzione di sanzioni economiche per chi non utilizza le autorizzazioni ai nuovi impianti rappresenta un eccessivo irrigidimento delle procedure a danno delle aziende”.
L’Organizzazione degli imprenditori agricoli ha più volte evidenziato come l’introduzione di un regime di autorizzazioni possa essere limitativo rispetto alle potenzialità di crescita delle aziende più dinamiche, poiché basato su una gestione pubblica e tendenzialmente più costosa di quella attuale con risvolti negativi sul piano fiscale e finanziario a carico dei produttori.
Per quanto concerne i diritti attualmente in portafogli, il nuovo regime prevede in via transitoria che essi possano essere convertiti in autorizzazioni entro il 2015 o il 2020, se lo Stato membro lo sceglierà, ed avere durata fino al 2018 o al 2023.
“In questo periodo - ha sottolineato Pistoni – potrebbero dunque coesistere le nuove autorizzazioni all’impianto ed i diritti preesistenti; ma questi ultimi non avrebbero più opportunità di essere trasferiti un mercato necessariamente svalutato. In tale contesto persino l’attuale quadro normativo che prevedeva l’estensione del sistema dei diritti a scelta dello Stato membro fino al 2018, sarebbe stato migliore del risultato ottenuto”.
“L’auspicio – ha concluso il presidente Guidi - che nel contesto delle norme applicative europee e in quelle di recepimento nazionali si possa trovare la possibilità per limitare le criticità descritte, in primis con la gestione delle nuove autorizzazioni, che dovrebbero essere limitate il più possibile soprattutto nel periodo transitorio”.
Fonte: Confagricoltura
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