Italia, la competitività sarà la nuova sfida da affrontare
Sono ancora molte le sfide che vedono le singole realtà nazionali interfacciarsi con nuovi modelli imprenditoriali, creando perciò un divario tra paesi più competitivi e paesi i cui risultati restano moderati nei settori del commercio, dell'industria e dell'imprenditoria.
Grandi sono i freni che limitano la crescita e lo sviluppo all'interno dell'Unione europea, e questi, generano quindi degli ostacoli, spesso ritenuti insormontabili, che non permettono alle imprese e alle realtà industriali di accedere ad esempio ai finanziamenti, generando quindi una sorta di "deindustrializzazione".
I messaggi principali, emersi dalla relazione 2013 sulla competitività degli stati europei, possono essere suddivisi in due grandi macro aree: una comprendente i punti di forza dell'Ue e una con alcuni aspetti negativi, che devono essere necessariamente migliorati e superati.
Tra gli aspetti positivi rientrano, ad esempio, il crescente aumento delle esportazione verso i mercati internazionali delle merci e dei prodotti europei, un maggiore sviluppo dell'innovazione che ha visto la sua espansione maggiore tra il 2008 e il 2012, una maggiore consapevolezza imprenditoriale, che è migliorata sensibilmente in tutto il mondo, la continua formazione degli addetti e il perfezionamento della manodopera.
I punti deboli dell'Unione, che si cercherà di migliorare e di potenziare nel tempo, sono composti da una continua scarsità di investimenti nazionali per reagire alle politiche innovative europee, da un troppo alto prezzo dell'energia che costituisce un forte freno alla competitività degli Stati membri e anche la difficoltà con la quale le imprese possono accedere al credito, creando di conseguenza un problema di molte nazioni.
In Italia, come in altre realtà dell'Unione, il miglioramento dell'efficienza e dell'efficacia delle pubbliche amministrazioni resta un punto fondamentale per far ripartire la crescita economica, occupazionale e industriale dell'intero sistema.
Molti dei problemi che incidono negativamente sulla competitività dell'Italia, come il livello ridotto degli investimenti privati nella Ricerca & Sviluppo, la mancanza di start-up innovative, i problemi relativi alla disponibilità di competenze, la mancanza di finanziamenti mediante capitale proprio, la modesta crescita delle imprese e l'internazionalizzazione, possono essere almeno parzialmente ricondotti agli stringenti vincoli amministrativi e normativi che gravano sul contesto imprenditoriale.
Occorre continuare a portare avanti riforme strutturali del settore pubblico, per consentire l'evoluzione di un'amministrazione pubblica moderna ed efficiente.
Un messaggio importate e molto positivo, è dato dalle tante imprese che, proprio durante la crisi, hanno adottato strategie incentrate sull'innovazione e sull'internazionalizzazione.
La riforma della governance del sistema dell'internazionalizzazione può quindi contribuire ad aumentare il numero di imprese italiane esportatrici, e proprio su questa strada, l'Italia accompagnata e incoraggiata dall'Europa, potrà finalmente intravedere seriamente la luce in fondo al tunnel, vedendo sviluppare la competitività imprenditoriale sul piano europeo e internazionale.
Fonte: Rappresentanza a Milano della Commissione europea