La Sardegna siamo noi
E’ questo l’iter della Magistratura dopo lo scempio, la morte, la devastazione. Ma ai sedici morti non servirà.
L’acqua scura, fangosa, violenta, con un urlo rabbioso, li ha trascinati via, lontano, come foglie secche.
Non è bastato nemmeno il terrore negli occhi innocenti dei bambini, le loro grida disperate, a placare la furia dei fiumi straripanti, dei torrenti gonfi e deformi.
Sembrava chiedessero un sacrificio, come gli dei dell’Olimpo, per ritornare a essere pacifici, a scorrere placidi dentro i loro alvei.
E’ bastata una forte perturbazione di alcune ore, carica di pioggia intensa e rapidissima, per ridare voce e potenza distruttiva e innescare la ribellione dei corsi d’acqua, soffocati dalle costruzioni, violentati dalla loro iniziale conformazione, accerchiati dalla mano dell’uomo che li ha voluti domare, sottomettere, snaturare.
Siamo tutti ormai consapevoli del punto di non ritorno in cui ci sta portando la nostra miopia ambientale, il nostro egoismo speculativo, il pensare che le risorse che la natura ci mette a disposizione non siano degne di rispetto.
Abbiamo bisogno di strumenti seri e rapidi nel prevenire i disastri ormai frequentissimi, a testimonianza di un Paese fragile e lasciato allo sbando.
Costerebbe molto meno applicare Piani di Salvaguardia (uno per tutti il Piano per la Mitigazione del Rischio Idrogeologico presentato illo tempore dall’ANBI) giacenti nei cassetti.
Le risorse ci sono, basterebbe impegnarsi davvero a fare opere “non elettoralmente di primo riscontro” perché poco visibili, ma essenziali per la nostra salvezza.
La difesa del suolo, la salvaguardia e la sicurezza dei territori non aspettano più: siamo già troppo in ritardo, rispetto alla velocità di intervento richiesta dai sempre più repentini e drammatici cambiamenti climatici.
Ogni giorno in più che lasciamo all’incuria, all’abbandono, all’approssimazione, alla sottovalutazione delle conseguenze, può essere un ennesimo giorno di lutto, come oggi in Sardegna.
Attraverso il voto, abbiamo dato ai rappresentanti in Parlamento la delega per la gestione e l’amministrazione della cosa pubblica, ma non abbiamo consegnato nelle loro mani la delega della nostra vita.
E’ una delega che non si acquisisce con la norma del silenzio-assenso.
E i morti della Sardegna, mai come ora, parlano anche per i vivi.
Cristina De Rossi