Sicurezza sociale in Ue: la guida della Commissione
La Guida, pubblicata dalla Commissione europea in collaborazione con gli Stati membri, è rivolta proprio alle amministrazioni nazionali chiamate ad applicare correttamente le norme sulla sicurezza nazionali ai cittadini "mobili".
Attualmente, infatti, più di 14 milioni di cittadini europei lavorano, studiano o si trasferiscono per altri motivi in uno Stato membro diverso dal proprio. Si tratta di cittadini che, pur vivendo in uno Stato membro, mantengono legami sociali e interessi economici nello Stato di origine. Quali sono allora le regole in materia di sicurezza sociale che si applicano a questi cittadini? Come viene determinata la loro residenza abituale?
La nuova Guida della Commissione va proprio nella direzione di chiarire ulteriormente il criterio della residenza abituale applicato nell'UE e facilitarne l’applicazione pratica da parte delle autorità degli Stati membri. Il diritto dell’Ue prevedendo che vi sia un solo luogo di residenza abituale e che l'erogazione delle prestazioni di sicurezza sociale competa ad un unico Stato membro. I sistemi nazionali, benché coordinati, mantengono differenze tra di loro; per assicurare la corretta osservanza delle regole, esistono pertanto misure di salvaguardia a livello europeo che impediscono di abusare dei regimi di sicurezza sociale di altri paesi dell'Unione.
I concetti di "residenza abituale" e di "residenza temporanea" o di "soggiorno" sono esplicitati nella Guida. Tali definizioni, stabilite dal diritto UE, sono necessarie per determinare quale sia lo Stato membro competente per l’erogazione delle prestazioni sociali. I lavoratori dipendenti e i lavoratori autonomi possono fruire dalla sicurezza sociale nel Paese in cui lavorano mentre le persone non attive (ad esempio, i pensionati e gli studenti) nello Stato membro di "residenza abituale". La determinazione dello Stato membro di "residenza abituale" è cruciale anche per i lavoratori che esercitano la loro attività in più di uno Stato membro.
I criteri specifici di cui tener conto per determinare la "residenza abituale" di una persona sono: stato di famiglia e legami familiari; durata e continuità della presenza sul territorio dello Stato estero; il luogo in cui è esercitata abitualmente l’attività lavorativa, la stabilità di quest'ultima e la durata del contratto di lavoro; lo Stato membro in cui l'interessato paga i contributi, e oltre a ciò ed eventualmente, la volontà del cittadino stesso.
La Guida fornisce anche orientamenti su esempi concreti di situazioni in cui la determinazione del luogo di residenza può risultare difficile, ad esempio nei casi dei lavoratori frontalieri, dei lavoratori stagionali, delle persone che lavorano in due o più Stati membri, e di pensionati e persone non attive fortemente mobili.
Fonte: Rappresentanza a Milano della Commissione europea
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