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I vantaggi della mobilità lavorativa in Europa

19/02/2014
I vantaggi della mobilità lavorativa in EuropaLa mobilità dei lavoratori è stata al centro dei recenti dibattiti politici in vari Paesi Ue: complice la crisi economica, questo fenomeno è infatti divenuto oggetto di controversie. La Gran Bretagna, in cui il governo ha proposto di introdurre misure restrittive verso i migranti romeni e bulgari, ed altri Stati Membri sono soggetti a sentimenti crescenti di disagio, animosità e a volte ostilità verso i lavoratori provenienti da altri Stati Ue, e verso le tutele sociali cui hanno diritto nel Paese ospite. Le recenti polemiche derivano in particolar modo dal termine dei periodi di transizione di Romania e Bulgaria, i cui lavoratori, dall'ingresso di questi due Paesi nell'Unione sette anni fa, non hanno beneficiato della libertà di movimento verso gli altri Stati membri. Ora che, dal 1° gennaio 2014, i periodi di sospensione sono terminati, tutte le restrizioni verso i lavoratori di queste nazionalità verranno abbandonate, così come deciso all'unanimità dal Consiglio (organo che comprende i ministri dei 28 Paesi Ue).

Quanti sono però i lavoratori "mobili"? Secondo i dati ufficiali Ue (2011-12) il tasso annuale di mobilità in Europa è solo il 3.3% della forza lavoro totale, corrispondente allo 0.2% della popolazione dell'Unione. La maggior parte delle persone che si spostano in altri Stati membri lo fa per motivi di lavoro. Infatti, nel 2013 il 78.2% dei cittadini Ue residenti all'estero era in età lavorativa (15-64 anni).

I cittadini europei si spostano in base alle opportunità di lavoro, così come dimostrato da vari studi recenti, con alcune sorprese. Contrariamente alle aspettative, attualmente i Paesi che registrano le più alte percentuali di lavoratori Ue non sono Gran Bretagna, Francia e Germania, bensì Irlanda, Cipro e Lussemburgo.

Benché i sistemi previdenziali rientrino nella sfera di giurisdizione statale, esistono regole Ue che prevedono che i lavoratori migranti e le loro famiglie abbiano diritto a eguale trattamento rispetto ai nazionali.

Diversi studi evidenziano come, a livello economico, la mobilità dei lavoratori apporti più vantaggi che svantaggi. Ad esempio, negli Stati con una popolazione in media sempre più anziana, la disponibilità di forza lavoro migrante è fondamentale. I lavoratori mobili dell'Ue contribuiscono alla flessibilità del settore lavorativo colmando i gap di competenze o, spesso, per quanto riguarda i lavoratori meno qualificati, permettendo di soddisfare la carenza di manodopera nei settori ritenuti poco allentanti per la popolazione locale. I lavoratori entranti concorrono all'accrescimento della domanda macroeconomica, oltre che alle entrate del governo ed alla riduzione del peso fiscale sulla popolazione, pagando, nello Stato in cui lavorano, più contributi di quanto ricevano in benefici sociali. È poi evidente come, in settori specifici e particolari aree geografiche, si possano concentrare invece aspetti meno favorevoli. Vi sono infatti città, distretti, quartieri soggetti ad improvvisi flussi di immigrazione, il che può causare problemi legati ad un sovraffollamento dei complessi abitativi e di scuole, trasporti pubblici e altri servizi. In questi casi, è auspicabile che i governi affrontino i problemi specifici, attingendo ad esempio ai finanziamenti del Fondo Sociale Europeo cui hanno diritto, e non rispondano genericamente restringendo il libero movimento. La mobilità in Europa deve migliorare, non retrocedere. Infatti, la libertà di movimento dei lavoratori è uno dei fondamentali quattro pilastri del Mercato unico dell'Ue, insieme alla mobilità delle merci, a quella dei capitali e a quella dei servizi.

Fonte: Rappresentanza a Milano della Commissione europea

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