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Architetti ed Ingegneri investono sul futuro con la biennale

23/10/2006
“Felici quelle città che attraverso gli anni e i mutamenti continuano a dare la loro forma ai desideri degli uomini”. Così diceva Italo Calvino. Più che mai attuale il suo pensiero, dal momento che progettare un edificio piuttosto che un ponte non significa soltanto aggiungere qualcosa che prima non c’era: una nuova opera deve comportare il miglioramento della vita e del benessere sociale, non solo degli abitanti ma anche del territorio, perché bisogna rispettarne la natura e gli elementi di pregio già esistenti, come i palazzi antichi (troppo spesso affiancati da edifici moderni). Si tratta, evidentemente, di grandi responsabilità.

In tutto questo, ingegneri ed architetti dovranno interagire con gli abitanti del territorio, per fare le scelte migliori non solo dal punto di vista estetico, ma anche cercando di migliorare la vita ed il benessere sociale; il tutto sarà particolarmente impegnativo considerando le continue trasformazioni sociali, nonché il sempre maggior numero di persone che scelgono di andare a vivere nelle città.

E proprio al ruolo chiave rivestito da architetti ed ingegneri è stato dedicato il convegno “ingegneri ed architetti nel progetto della città futura”, svolto nel Teatro Piccolo dell’Arsenale di Venezia.

Il convegno, voluto da INARCASSA (Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza per gli Ingegneri ed Architetti Liberi Professionisti) e patrocinato da Regione Veneto e Comune di Venezia, si inserisce nella 10° Mostra Internazionale di Architettura.

Molti gli spunti offerti dall’incontro. “Metà dell’umanità abita in città e sembra che in futuro si arrivi all’ottanta per cento” ha affermato il Professor Leonardo Fiori.

Partendo da questo dato di fatto, ha espresso la sua teoria di “città felice”: “Quella che riesce ad avere una certa continuità nella sua identità e nella dotazione di una qualità urbana ed ambientale diffusa. Questo grazie anche alle nuove tecnologie che offrono la possibilità di progettare infrastrutture pubbliche e private non inquinanti ed inserite nel paesaggio, energie riproducibili reti di corridoi ecologici.”

C’è tuttavia un dato allarmante: “Di tutto quello che viene costruito, ben il 90 % sembra sfuggire alla riflessione ed al controllo responsabile di professionisti con adeguata formazione e conseguenti titoli di studio” ha affermato il Professor Cesare Stevan, il quale ha però aggiunto: “Non è un caso che la stessa Unione Europea definisca “protetta” (Al pari di quella del medico) proprio la professione dell’architetto, facendola oggetto di particolari attenzioni a tutela della collettività”.

E allora, per ovviare a tutto questo, ecco una proposta: “Formare un professionista dotato di ampia cultura, di capacità critica, di conoscenze tecniche e di creatività che aiuti a vivere meglio e convivere socialmente. In tutto questo “ ha detto Stevan “non è facile il ruolo delle Università, che devono formare i giovani, sviluppare la ricerca, creando occasioni di confronto con tutti i soggetti che hanno a che fare con la città.” Problemi che sembrano aver trovato una soluzione, almeno in parte, con l’introduzione del tirocinio. Insomma per Stevan hanno un ruolo chiave non solo architetti ed ingegneri, ma anche i giovani; “da un lato vi è, in loro, scarsa conoscenza dei programmi universitari, ma dall’altro lato sono formidabili mediatori tra il presente ed il futuro, essendo così in grado di cogliere il nuovo, contrapponendolo al presente e proiettandolo nella “città futura”.

A tutto questo, si aggiungono le problematiche a carattere giuridico. “Il passaggio dal vecchio al nuovo modello di pianificazione - attuazione (la riforma urbanistica) sta richiedendo un tempo troppo lungo. L’INU (Istituto Nazionale di Urbanistica) ha lanciato i principi e le regole della riforma nel 1995” ha commentato Federico Oliva, Presidente dell’INU. “Inoltre” ha detto “il Parlamento del 2001 ha varato una riforma costituzionale (la riforma del titolo V) che assegna l’attività legislativa relativa al Governo del Territorio alla responsabilità concorrente Stato – Regioni; ma, mentre la legislazione regionale si è sviluppata fino a quasi coprire l’intero territorio, il Parlamento non ha ancora approvato la legge. Questa lunga transizione “ ha affermato “è un’ulteriore dimostrazione della marginalizzazione dell’Urbanistica da parte della politica. Rinviare ulteriormente la conclusione del processo di riforma in atto rappresenterebbe un grave danno per la società italiana, per le conseguenze negative dell’impossibilità di un effettivo Governo del Territorio”.

Tuttavia non mancano le possibili soluzioni, come quelle prospettate da Alonso Femia e Gianluca Peluffo, soci dello studio 5+1AA, i quali hanno presentato, come case history, due situazioni opposte “L’ intervento di Rozzano, a Milano e quello di Cerreto in Calabria: il primo, in prossimità del nodo che collega l’autostrada Milano-Genova con il sistema delle tangenziali, quindi il primo luogo di trasformazione del territorio in città. Il secondo, oggetto di un grave evento franoso nel 2005, tale da comprometterne abitabilità e qualsiasi ipotesi di ricostruzione in loco.” Ciò che hanno in comune questi episodi, secondo i due architetti, è il rapporto con la realtà. “Come ricorda Virgilio, sono i disastri ambientati, gli incidenti, gli unici eventi capaci, nella contemporaneità, di riavvicinarci al Reale, là dove l’Architettura contemporanea sembra concentrata nel fornire architetture paradisiache e autoreferenziali, quasi microcosmi autoriferiti, racchiusi dal pelli straordinarie ed ammalianti”. Ed ecco, secondo loro, gli unici strumenti possibili nel contemporaneo: “Il territorio e la città come referenti reali e non vittime di retorica comunicativa e/o politica. Il progetto della città futura, crediamo, dovrà nutrirsi del mondo ma al contempo dovrà dare risposte specifiche a luoghi e questioni specifiche. Dovrà dotarsi di “visioni” per immaginare un vero futuro e per ancorarsi contestualmente alla realtà. Dovrà essere molte cose ma forse prima di tutto città”.

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