Severini: la pratica irrigua ha un ruolo economico rilevante
I dati dell’ultimo censimento agricolo (2010) indicano che circa ¼ delle aziende agricole italiane svolge irrigazione. In particolare, circa il 19% della Superficie Agricola Utilizzata (S.A.U.) italiana è irrigata anche se sarebbe potenzialmente irrigabile circa il 29% di essa. Ma questi dati non forniscono una indicazione adeguata dell’importanza economica delle colture irrigate.”
Questo quanto reso noto da Simone Severini, docente all’Università della Tuscia, intervenendo alla Conferenza Nazionale Acque Irrigue, in corso di svolgimento a Roma.
“Infatti – prosegue Severini - la pratica irrigua svolge un ruolo economico rilevante, che deriva dal fatto che essa consente di incrementare i livelli medi di produzione rispetto alle colture non irrigue, incrementare alcune caratteristiche qualitative delle produzioni, ridurre l’instabilità inter-annuale dei livelli di produzione nonché fornire materie prime agricole necessarie per alcune produzioni alimentari italiani di grande valore aggiunto e anche con grande vocazione ad essere esportate.
L’analisi realizzata ha permesso di verificare che la rilevanza economica delle colture irrigue in Italia è probabilmente ben superiore a quella che potrebbe essere dedotta sulla base dei dati di natura strutturale forniti dal censimento agricolo.
L’analisi è stata svolta integrando i dati ISTAT regionali relativi al valore della produzione delle colture (media 2011-2012) con dati ottenuti, somministrando un questionario ad alcuni testimoni privilegiati conoscitori della realtà agricola della regione in cui essi operano.
A questi ultimi è stato chiesto di classificare ciascun gruppo di colture identificato da ISTAT nelle seguenti categorie:
1. Non irrigate
2. Irrigazione solo di soccorso
3. Sempre irrigate
4. In alcuni casi irrigue, in altri non irrigue (residuale).
Nel complesso italiano, le colture classificate come non irrigate generano una produzione ridotta e ben inferiore al 20% dell’intero valore della produzione delle colture stimata dall’ISTAT. Al contrario, le colture classificate come sempre irrigate ne producono poco più della metà, mentre le colture classificate come in alcuni casi irrigue ed in altri no, circa il 25%. Sulla base delle indicazioni fornite dagli intervistati, in quest’ultimo gruppo la quota della superficie occupata da colture irrigate rappresenta quasi il 10% della produzione complessiva. Si consideri infine che, sempre sulla base delle elaborazioni svolte, le colture indicate come riceventi solo irrigazione di soccorso generano una quota di produzione prossima al 5%.
In definitiva, sulla base delle stime effettuate, si può affermare che le colture irrigate in modo non saltuario generano in Italia almeno il 60% della produzione. Se poi a queste si aggiungono anche quelle delle colture in cui si interviene con irrigazione di soccorso, si superano i 2/3 della produzione delle colture in Italia.
L’aggregazione dei dati regionali nelle tre macro-circoscrizioni Italiane mostra che esistono alcune differenze tra le regioni del Nord, del Centro e dell’area Sud ed Isole. In particolare, nel Nord d’Italia il peso le colture sicuramente irrigate (senza considerare quelle con irrigazione di soccorso) si attesta a circa 2/3, mentre nelle regioni del Sud ed isole, quasi giunge al 70%.
I risultati del lavoro svolto permettono di concludere che l’importanza economica delle colture che fanno ricorso non occasionale all’irrigazione è assai più elevata rispetto al peso relativo delle superfici irrigate (19%). Infatti a livello nazionale è plausibile che almeno il 60% del valore della produzione dell’insieme delle colture deriva da quelle irrigue.
Si noti – conclude Severini - che questa stima non considera gli effetti economici indiretti in termini di capacità di stabilizzare i ricavi di produzione e, quindi, i redditi degli agricoltori. Inoltre, essa non considera gli effetti indiretti che potrebbero generarsi sulle filiere a valle e che sono legati al ruolo che svolgono alcuni prodotti agricoli utilizzati per prodotti alimentari tipici del made in Italy e caratterizzati da un alto valore aggiunto.”
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