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Venezia 71: grande festa del documentario

05/09/2014
Venezia 71: grande festa del documentarioIl Leone d’Oro al maestro del documentario Frederick Wiseman accende presumibilmente l’attenzione anche del grande pubblico sul valore di questo genere, considerato sino a qualche tempo fa piuttosto tiepidamente. Venezia 71 ospita tra gli altri due documentari su due grandi registi americani, Peter Bogdanovich e Arthur Penn. Si tratta di ‘One Day Since Yesterday, Peter Bogdanovich, The Lost American Film’ primo doc di Bill Teck e ‘Mise en Scéne with Arthur Penn (a conversation)’ di Amir Naderi.

Due vere perle per ogni spettatore realmente cinefilo.

Va sottolineato infatti che Penn è sicuramente il piu’ europeo dei registi nordamericani, il più violento ed il più tenero che non rispetta le regole, tradisce i generi, grande maestro di ambiguità. E Bogdanovich, l’unico critico cinematografico che sia diventato regista, formatosi nella scuderia di Roger Corman, è sicuramente uno dei più colti filmakers di tutti i tempi.

L’altra sorpresa doc è il lungometraggio su Robert Altman di Ron Mann. Il progetto è il risultato della collaborazione tra Mann’s Phinks Productions e The Movie Network canadese.

Il film narra la vita del più iconoclastico dei registi americani, dai suoi primi anni a Kansas City nell’epoca della depressione, attraverso i suoi films, fino alla morte nel 2006. E’ un’emozionante ed emozionata carrellata di interviste con i suoi attori, i collaboratori e famigliari, oltre che inediti filmati dall’archivio di Altman e clips dai suoi films. E’ considerato un regista decisamente anomalo che, a differenza di Bogdanovich o Spielberg, è rimasto l’unico, negli anni 70 ad intendere il cinema come terreno di ricerca.

Se inizialmente rivisita i generi come il film bellico ‘M.A.S.H’, il western ‘I Compari’, il poliziesco ‘Il Lungo Addio’, il film di gangster ‘Gang’, in un secondo felicissimo momento si dedica ad un sistema ‘aperto’ con ‘California Poker’ e ‘Nashville’. Ma in seguito la sua autorialità prende definitivamente il sopravvento con la volontà di investigare il mondo, senza riferimenti morali né agganci culturali.

La sua forte originalità è il caos organizzato che riesce ad ottenere grazie alla sua prodigiosa abilità tecnica che gli permette pure di improvvisare. ‘Se devo esprimere un’idea, utilizzo tutti gli elementi della tecnica, dal colore al suono, per esprimerla. Io non racconto mai nulla, non ho messaggi da comunicare, solo i miei sentimenti e le mie visioni.’

Il film di Ron Mann, che è pure il produttore del documentario insieme alla moglie di Altman, Kathryn Reed, è un’opera davvero completa e coinvolgente, una vera sfida per studiare e celebrare l’arte e la vita del grande maestro, nella sua peculiare unicità che qui emerge perfettamente: continuare a praticare l’immagine escludendo ogni asserzione teorica e facendo del film un’operazione ‘in progress’.

Mann, che oltre a documentarista è anche produttore e distributore, è un esponente tra i più radicali della controcultura internazionalista. E’ autore di molti film seri, divertenti, infuocati sulle canne, sul movimento vegano, dalla parte della purificazione alimentare e spirituale dei nordamericani.

Un sessantottino che si occupa anche di biografie (sua quella su Margareth Atwood). Ha esplorato da militante i fenomeni sociali e culturali più dirompenti, le pricipali modificazioni della cultura pop, dal design, alla musica , al free-jazz, dalla poesia contemporanea con ‘Poetry in Motion’ del 1982 in cui compaiono tra i 70 poeti anche Allen Ginsberg ed un giovane Tom Waits, al cinema underground con un ritratto di Stan Brackage.

Suoi i 73 minuti di puro divertimento su tutto quello che c’è da sapere sul mondo dei funghi (allucinogeni) ‘Know Your Mushroom’. Un autore dunque che usa il cinema per esplorare la vita a dispetto di un’altra famosa asserzione di Altman ‘Il cinema è solo uno specchio. Non si puo’ mostrare la realtà’.

Mariateresa Crisigiovanni

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