Presentato il Report “Manutenzione Italia: Consorzi di bonifica in azione per #italiasicura”
Ad aprire i lavori è stato il Presidente dell’Associazione Nazionale Bonifiche e Irrigazioni, Francesco Vincenzi, che ha tra l’altro detto:
“Secondo dati del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, il 9,8% della Penisola è costituito da aree ad elevata criticità idrogeologica: si tratta dell’82% dei comuni, dove si stimano a rischio 6.250 scuole, 550 ospedali, circa 500.000 aziende (agricole comprese), 1.200.000 edifici residenziali e non.
Con riferimento alla popolazione si calcolano 6.154.011 abitanti in aree ad elevata criticità idraulica (dati I.S.P.R.A. – Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) e circa 22 milioni di abitanti su territori a rischio medio.
Un recente studio attesta che l’Italia è il Paese europeo maggiormente interessato da fenomeni franosi: sono state censite 499.511 frane (pari a circa il 70% delle frane mappate in Europa).
Secondo stime I.S.P.R.A., la popolazione esposta a fenomeni franosi in Italia ammonta a 1.001.174 abitanti.
Anche nel 2014 piogge intense e violente hanno colpito il territorio del nostro Paese; i danni sono ingenti ed ammonterebbero, secondo indicazioni provenienti da dichiarazioni ufficiali, ad oltre 4 miliardi di euro.”
Vincenzi ha proseguito: “L’ISPRA, in un recente rapporto sull’uso del territorio (fine Febbraio 2014), ha di nuovo sottolineato le gravi conseguenze della cementificazione e quindi dell’impermeabilizzazione del suolo, che negli ultimi anni ha più che raddoppiato la propria incidenza per abitante rispetto agli anni ’50: da 178 a 369 metri quadrati. Risultato: il suolo urbanizzato occupa oggi il 7,3% della superficie nazionale (60 anni fa era il 2,9%), ben oltre la media europea, pari al 4,6%. Se consideriamo che si costruisce soprattutto su terreni pianeggianti, facilmente accessibili e che in Italia sono relativamente pochi, la percentuale di urbanizzazione in pianura si avvicina al 20%: in sostanza sono stati sottratti all’assorbimento naturale della pioggia ed all’agricoltura 1,32 milioni di ettari, prevalentemente fra i terreni migliori del punto di vista agricolo; superfluo è sottolineare anche le conseguenze da un punto di vista produttivo ed occupazionale.
Si è inoltre verificato un notevole degrado degli ambienti rurali, in particolare nelle zone di collina e di bassa montagna, con frequente abbandono dell’attività agricola e delle connesse sistemazioni idrauliche con conseguente aumento dell’erosione del suolo.
A ciò bisogna aggiungere lo spopolamento della montagna, i disboscamenti, l’eccessivo consumo del suolo, la forte presenza dell’uomo sulle coste: sono elementi, che incidono profondamente sulla fragilità del territorio, rendendolo paradossalmente vulnerabile in un caso per la mancata presenza dell’uomo, nell’altro per l’eccessiva pressione su risorse quali acqua e suolo.
A tali fattori si è poi unita la variabilità climatica con il conseguente regime di piogge intense e concentrate nello spazio e nel tempo.”
Il Presidente A.N.B.I. ha poi insistito: “Secondo stime correnti per risarcire e riparare i danni dopo le alluvioni, si è speso da tre a cinque volte più di quanto sarebbe stato necessario per adottare interventi strutturali preventivi e programmabili, quindi maggiormente trasparenti, nelle zone interessate. Fra il 2010 e il 2012 il costo del dissesto idrogeologico è stato stimato in 7,5 miliardi di euro (in media 2,5 miliardi l’anno), mentre nei 65 anni precedenti era stato, in valore attuale, di 54 miliardi di euro (in media 0,83 miliardi l’anno). Il Ministero dell’Ambiente calcolava, nel 2008, che per mettere in sicurezza idrogeologica le zone a maggior rischio del territorio italiano sarebbero stati necessari almeno 40 miliardi di euro in 15 anni. In pratica con le somme spese in risarcimenti e riparazioni dei danni nelle sole località colpite si sarebbe potuta realizzare la difesa dell’intero territorio, abbattendo i costi futuri ed evitando tante vittime. E’ necessario, quindi – ha continuato - un programma di messa in sicurezza del territorio attraverso la manutenzione, che garantisca un’idonea regolazione idraulica ed assicuri quelle condizioni di conservazione del suolo, indispensabili alla vita civile ed alle attività produttive anche attraverso regole e norme comportamentali. Per tale ragione ad un piano di azioni per la riduzione del rischio idrogeologico deve unirsi un provvedimento legislativo destinato a risolvere il problema del consumo del suolo. Manutenzione ed usi del territorio sono un binomio inscindibile, cui è subordinata in gran parte la sicurezza territoriale del Paese.”
Vincenzi ha quindi allargato l’orizzonte: “E’ anche necessaria un’importante svolta nella progettazione urbanistica, che garantisca, con precise norme, l’invarianza idraulica negli interventi, che incidono sulle trasformazioni del territorio. In caso contrario l’impermeabilizzazione continuerà a ridurre le capacità di ritenzione idrica del terreno originario con inevitabili gravi danni in occasione delle piogge.”
Si è quindi soffermato sulle nuova opportunità derivanti da Bruxelles: “La prevenzione dei rischi è un tema chiave per azioni future anche in materia di politica comunitaria di coesione. In tale ambito rientrano i piani per l’attuazione della Direttiva Europea 2007/60: si tratta dei piani di gestione del rischio alluvioni a livello di distretto idrografico, che gli Stati membri devono provvedere ad ultimare e pubblicare entro il 22 Giugno 2015.”
Oltre all’adozione di norme sull’invarianza idraulica, A.N.B.I. chiede la definizione di norme forti sull’invarianza della disponibilità di acqua come condizione di ogni nuovo insediamento abitativo o produttivo.
“Il Governo – ha evidenziato Vincenzi - in più occasioni aveva posto in evidenza che sarebbero stati necessari 40 miliardi in 15 anni per realizzare un piano di azioni ed interventi per la sicurezza del territorio. Con la Legge Finanziaria 2010 si sarebbe dovuto iniziare a realizzare tale programma, giacchè tale legge prevedeva che le risorse, assegnate per il risanamento ambientale con delibera C.I.P.E. e pari a 1.000 milioni di euro, fossero destinate a piani straordinari per la sicurezza del territorio, comprendenti gli interventi aventi priorità assoluta ed atti a rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico. Fu quindi deciso di procedere all’utilizzazione di tali risorse attraverso Accordi di Programma tra Ministero dell’Ambiente e Regioni, che contemplassero il cofinanziamento regionale, definendo la scala di priorità degli interventi. Furono quindi stipulati tali Accordi di Programma con l’individuazione degli specifici interventi e delle relative priorità, prevedendo un impegno complessivo di € 2.097.771.266,00 tra finanziamento statale e cofinanziamento regionale. Per ogni Accordo fu nominato un Commissario con il compito di provvedere alla realizzazione degli interventi previsti. Sia per le mancate disponibilità dei fondi, sia per la complessità delle procedure, risultava speso, a luglio 2014, meno del 4% di quanto previsto! Così, la priorità indicata dal Governo, relativa alle azioni per la riduzione del dissesto idrogeologico, registra una prima concreta azione attuativa nell’istituzione, a Giugno 2014 presso la Presidenza del Consiglio, della Struttura di Missione contro il dissesto idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche, avente il compito specifico di accelerare l’attuazione degli interventi di messa in sicurezza del territorio, di coordinare le azioni di tutte le strutture dello Stato e gli enti operanti nel settore, di supportare la nuova programmazione delle risorse per il ciclo 2014-2020. Per la stessa finalità il cosiddetto “decreto competitività” del 2014 ha affidato la responsabilità della realizzazione degli interventi ai Presidenti delle Regioni in qualità di Commissari straordinari delegati, attribuendo loro importanti poteri sostitutivi e di deroga. Un successivo decreto legge ha reso ordinaria l'attribuzione, ai Presidenti di Regione, di funzioni per gli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico avviando contemporaneamente un procedimento di ricognizione sullo stato di attuazione di tutti gli interventi finanziati anche in data antecedente al 2009 per procedere alla revoca delle risorse economiche non ancora utilizzate e destinarle ad interventi altrettanto urgenti, ma immediatamente cantierabili. L’obbiettivo è stato quello di trasformare in cantieri oltre 2 miliardi di euro non spesi dal 1998 per ridurre situazioni di emergenza territoriale (casse di espansione e vasche di laminazione di fiumi e torrenti, argini anti-alluvioni, briglie per la regimentazione delle acque, messa in sicurezza di frane, stabilizzazione di versanti a rischio, etc.). E’ questa la prima volta- ha sottolineato il Presidente A.N.B.I. che l’Italia sul tema del contrasto al rischio idrogeologico fa un salto di qualità ed investe sulla salvaguardia del territorio e sulla prevenzione, anziché concentrarsi sull’intervento in fase di emergenza.
Come certificato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri ha ricordato Vincenzi - da Giugno a Dicembre 2014, in tutta Italia, sono stati aperti 450 cantieri per circa 700 milioni di euro in lavori finalizzati alla prevenzione del rischio idrogeologico. Finalmente esiste oggi un database chiaro di ciò che serve all’Italia per ridurre i suoi immensi rischi di frane e alluvioni. Le Regioni, con le Autorità di bacino e la Protezione Civile, hanno per altro indicato la necessità di circa 5200 opere per un fabbisogno di 19 miliardi di euro; i ritardi nelle procedure autorizzative dei progetti sono però notevolissime, per cui molto ancora si deve fare nel semplificare le procedure. Contemporaneamente la Struttura di Missione presso Palazzo Chigi ha raccolto, insieme al Ministero dell`Ambiente, le proposte regionali per 2 piani: il Piano nazionale per la difesa del suolo 2014-2020 (risorse tra i 7 ed i 9 miliardi di euro) ed il Piano stralcio destinato alle aree metropolitane. Per il Piano nazionale, le proposte giunte dalle Regioni ammontano a una spesa di 16.357 milioni, di cui 875 milioni con progettazione esecutiva e 2.029 milioni con progettazione definitiva: ci sono quindi interventi per circa 2,9 miliardi di euro, cantierabili in tempi brevi appena il Piano avrà il via libera.”
Il 20 Novembre 2014 è stato inoltre presentato a Palazzo Chigi il primo stralcio del piano triennale 2014-2020: oltre un miliardo di euro destinato ad interventi per la sicurezza nelle città ed aree metropolitane.
Per quanto concerne l’aspetto finanziario, il Ministro dell’Ambiente pone in evidenza che l'azione del Governo segue 2 linee di intervento: in primo luogo, il recupero di risorse assegnate a partire dal 1998, finalizzate al dissesto idrogeologico e non ancora utilizzate; in secondo luogo, la programmazione di nuove risorse a valere sul ciclo del Fondo per lo sviluppo e la coesione 2014-2020.
Il Presidente A.N.B.I. lancia quindi un’idea: “Vi sono 4 miliardi di euro per l’occupazione sostenibile che i Consorzi di bonifica, fuori dal Patto di Stabilità ed in collaborazione ad esempio con locali cooperative di lavoro, sono disponibili ad investire sulla montagna, la cui fragilità è in continua crescita. Gli enti consortili sono anche pronti ad assumersi la responsabilità di colmare il vuoto istituzionale ed operativo, che l’abolizione di Province e Comunità Montane ha determinato: azioni di area vasta, impensabili per i Comuni, ma da realizzare e condividere con loro. E’ una innovazione di metodo, che si auspica venga concretamente recepita per le positive implicazioni in termini di messa in sicurezza dei territori montani, occupazione e garanzia di reddito nelle aree più difficili. L’adeguamento delle opere di bonifica – ha concluso Vincenzi - è condizione fondamentale per la sicurezza territoriale, indispensabile per qualunque attività economica: se non vi è stabilità del suolo non si realizzano investimenti per infrastrutture ed impianti.”
Come più volte evidenziato, la produttività della maggior parte dei terreni agricoli, la qualità delle produzioni del “made in Italy”, la loro competitività e quindi il reddito delle imprese agricole dipende dalla efficienza della rete di bonifica, che conferisce sicurezza idraulica anche agli insediamenti civili, alle città e ad altri impianti industriali e commerciali nei comprensori affidati (basti ricordare l’Agro Pontino e vaste zone della Pianura Padana della Lombardia e del Veneto, gli aeroporti di Fiumicino e di Venezia, la ferrovia Roma-Napoli, l’autostrada Firenze-Roma: se non funzionassero le idrovore dei Consorzi tali zone rimarrebbero sommerse dalle acque).
L’ANBI pertanto ha ritenuto utile procedere ad un ulteriore aggiornamento delle indicazioni già facenti parte di precedenti proposte con l’auspicio che di esse si possa tener conto da parte della Struttura di Missione per la mitigazione del rischio idrogeologico. Nel 2015 gli interventi proposti sono 3.335 per un importo complessivo di 8,4 miliardi di euro.
Essi riguardano in prevalenza quelle azioni che non rientrano in azioni ordinarie, cui si fa fronte con i contributi dei privati: si tratta di manutenzioni straordinarie delle opere di bonifica, di sistemazione e regolazione idrauliche, di ripristino di fenomeni di dissesto idrogeologico.
All’iniziativa A.N.B.I. è intervenuto, fra gli altri, il Ministro dell’Ambiente e del Territorio, Gian Luca Galletti, che ha sottolineato lo sforzo di governance dell’esecutivo in un settore, la salvaguardia idrogeologica, bloccato più da pastoie burocratiche e disattenzioni che da carenza di finanziamenti comunque insufficienti ad una radicale soluzione del problema. In tali meandri normativi sono stati individuati 2 miliardi e 300 milioni di euro, cui se ne aggiungeranno almeno altri 5 dal Fondo di Coesione 2014-2015; l’obbiettivo è prevenire il rischio di frane ed alluvioni.
“Il 2014 è stato un anno horribilis per la sicurezza idrogeologica: non solo si sono contate numerose vittime, ma si sono registrati ben 4 miliardi di danni, dato superiore ad una media già pesante.” A dirlo è stato Erasmo D’Angelis, Capo Struttura di Missione contro il Rischio Idrogeologico, cui è stata affidata la conclusione della mattinata di lavoro. Egli ha anche sottolineato la necessità di cambiare l’approccio superficiale, fin qui evidenziato dalla politica e spesso denunciato dalla stessa A.N.B.I. . “I Consorzi di bonifica- ha concluso D’Angelis – sono un braccio operativo dello Stato, il cui ruolo è destinato a crescere.”
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