Expo Aquae, una vetrina con la saracinesca abbassata
La mia prima visita è stata in veste professionale, in occasione dell’inaugurazione del padiglione di Marghera, di fianco al Vega. Molta la disorganizzazione dovuta, ho pensato, alla passerella delle autorità presenti sul palco e mescolate tra le moltissime persone accorse per l’evento.
Il loro arrivo, soprattutto quello del presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha sicuramente messo alla prova il personale addetto, probabilmente poco pronto ad affrontare tale affluenza.
In mezzo a tanta confusione e approssimazione ho pensato, che almeno l’interno del padiglione valesse gli spintoni e la calca, soprattutto alla luce degli interventi dei vari politici, che dal palco avevano osannato i contenuti di questa vetrina sul mondo, collaterale a Expo Milano, chiamando in causa persino i cordoni ombelicali.
Ma di quale madre, mi sono chiesta dopo aver visitato l’interno, visto che di contenuti sul tema dell’acqua il padiglione sembra proprio orfano?
Nonostante ciò, ho finito diligentemente la visita tra stand di caffè, panini (svenandomi per due tramezzini con bicchiere piccolo di plastica, che hanno chiamato ombra!) pesce, grappa, pasta, banca, aeroporto, ferrovia, telefonia, casoni finti modello Caorle e altre amenità simili.
Unica nota culturale, le opere della Cina, assurdamente pestate dalla folla.
Ero quindi uscita, con addosso la spiacevole sensazione di essere stata presa in giro.
Ma come deludere gli amici che l’altra sera desideravano visitare il padiglione, visto anche l’ingresso gratuito e poi mangiare qualcosa assieme?
Ebbene sì, ci sono ritornata, con in mano il mio bel biglietto omaggio con sottotitolo incorporato: “Dalle meraviglie degli abissi alle cucine del mondo”.
E qui, le scusanti che avevo dato alla mia prima visita, sono diventate aggravanti all’ennesima potenza.
Che dire del video sugli abissi che non parte, del labirinto tipo tenda di chiromante che ti fa pensare che all’uscita ci sia qualcuno apposta per misurare il tuo grado di intelligenza per esserci entrato, dei tavoli sporchi che non troveresti mai neanche alle sagre di paese, della pasta collosa e delle quattro sardine secche con contorno altrettanto secco, per la modica cifra di 35 euro a testa in piatti di plastica e senza nemmeno una mini tovaglietta di carta?
E, aggravante che più aggravante di così non si può, di contenuti sul complesso e affascinante tema dell'acqua, neanche l’ombra. E non mi riferisco certo al bicchiere di vino.
Domanda: è questa la vetrina che ci dovrebbe vedere idealmente affacciati al mondo? Basta un dodecaedro gigante e qualche pesce sparuto e spaurito in un acquario?
E’ questo il modo per veicolare la cultura del territorio, le nostre specificità, le nostre eccellenze, i nostri saperi, la nostra congiunzione indissolubile con l’acqua, potenza evocativa di conoscenza, esperienza, futuro?
Expo Aquae è una vetrina, sì, ma dalla serranda culturale abbassata.
Una vetrina in cui i colori sono sbiaditi, senza spessore, mescolati nella tavolozza del business.
E’ un mercato moderno, dove le bancarelle della vendita sono disegnate da architetti.
Ma sempre e solo bancarelle rimangono.
Cristina De Rossi
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