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Greenpeace: stanno distruggendo le foreste del panda

21/10/2015
Greenpeace: stanno distruggendo le foreste del panda Greenpeace ha scoperto che circa 1.300 ettari di foresta nella provincia cinese di Sichuan, dove vive il panda gigante, sono stati distrutti. La deforestazione illegale in questo sito, dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco, è una minaccia diretta per molte piante e specie animali in via d’estinzione, come il famoso panda gigante.

«L’entità della deforestazione illegale in quest’area così preziosa è impressionante. Quanto svelato da Greenpeace indebolisce gli sforzi del governo cinese di preservare il patrimonio naturale. Chiediamo al governo nazionale e alle amministrazioni locali di porre un freno alla deforestazione», afferma Pan Wenjing della campagna Foreste e Oceani di Greenpeace Est Asia.

La scoperta di Greenpeace è il risultato di due anni di indagini condotte con il telerilevamento, l’analisi delle mappe satellitari e diverse ricerche sul campo nelle aree che circondano la riserva naturale nazionale del Fengtongzhai a Ya’an, nella regione del Sichuan, parte di un importante corridoio migratorio e habitat di numerose specie rare di piante e animali.

Nonostante la normativa che dal 1998 vieta l’abbattimento degli alberi nelle foreste naturali a scopo di profitto, gli affaristi locali e le autorità si sono serviti di una scappatoia nel “Regolamento tecnico per la ricostruzione delle foreste a basso rendimento” che li autorizza a sostituire la foresta con piantagioni più redditizie in nome di una presunta “rigenerazione forestale”. Le autorità hanno affrontato il problema con un ulteriore divieto emanato nel 2012, ma le indagini di Greenpeace Cina dimostrano che queste misure sono inefficaci.

Se la falla nel sistema normativo non verrà sanata, un terzo delle foreste naturali cinesi rimarrà a rischio deforestazione anche dopo l’estensione del Programma di Protezione delle Foreste Nazionali previsto per il 2017. Precedenti indagini di Greenpeace Cina avevano scoperto simili attività illegali anche nelle province dello Yunnan (2013) e dello Zhejiang (2014).


Fonte: Ufficio Stampa Greenpeace

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