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Un piano d'azione comune tra Turchia e UE

23/10/2015
Un piano d'azione comune tra Turchia e UEUN PIANO D'AZIONE COMUNE TRA TURCHIA E UE: RAGGIUNTO L'ACCORDO PER LA GESTIONE DEI FLUSSI MIGRATORI.
La Commissione europea ha raggiunto un accordo di cooperazione con la Turchia per il sostegno dei rifugiati e per la gestione dei flussi migratori. Al Consiglio europeo i capi di Stato e di governo di 28 Stati membri dell'UE hanno approvato l'accordo e accolto con favore il piano d'azione comune. Il piano d'azione individua una serie di azioni collaborative da attuare come urgenti da parte dell'Unione europea e della Repubblica di Turchia, con l'obiettivo di affrontare la gestione dell'ingente numero di persone in stato di bisogno di protezione, integrando gli sforzi della Turchia.
Infatti, dopo aver stabilito il ricollocamento con criteri di proporzionalità in tutta Europa dei 160mila rifugiati arrivati in Grecia e in Italia, gli Stati membri vogliono rafforzare il controllo delle frontiere esterne per tentare di arginare gli flussi di profughi diretti da Est verso Ovest. Il vice presidente della Commissione europea, Frans Timmermans, ha così negoziato un piano d’azione comune che vede le autorità turche impegnate nelle attività di controllo e assistenza dei profughi, e una stretta cooperazione con gli Stati dell'Unione per bloccare il transito verso l'UE dei rifugiati giunti in Turchia. Come contropartita la Commissione ha offerto un pacchetto di aiuti finanziari pari a 3 miliardi di euro, un'accelerazione del processo di liberalizzazione dei visti e la velocizzazione dei negoziati per l'adesione della Turchia all'UE.
In particolare, il piano d'azione, è sviluppato su tre manovre: assistere i rifugiati e le loro comunità di accoglienza in Turchia, rafforzare la cooperazione per prevenire la migrazione irregolare dei flussi verso l'UE e affrontare alla radice le cause che portano al massiccio afflusso di siriani. La Turchia fino ad oggi ha fornito aiuti umanitari massicci a più di 2,2 milioni persone in cerca di rifugio spendendo più di 7 miliardi di € delle proprie risorse per affrontare questa crisi: l'UE intende perciò mobilitare il fondo fiduciario UE per la crisi siriana diretto a fornire assistenza umanitaria immediata, un sostegno ai campi profughi e alle comunità di accoglienza attraverso il supporto legale, amministrativo e psicologico e nel settore delle infrastrutture. Inoltre, per garantire un uso efficiente dei fondi, le istituzioni UE e la Turchia procederanno a una dettagliata valutazione dei bisogni comuni. Da parte sua il governo turco s'impegna nell'effettiva attuazione delle leggi sulla protezione internazionale degli stranieri, nel garantire che i migranti siano registrati e provvisti di documenti, nell'assicurare che i richiedenti asilo restino in Turchia che sia loro concesso il diritto all'istruzione e al lavoro.
Tutti gli Stati Membri vedono nella Turchia un partner indispensabile nel gestire la crisi in Medio Oriente: il rimpatrio di quanti sono senza diritto d’asilo e la lotta contro le reti criminali dedite al traffico di migranti sono azioni indispensabili nel tentativo di frenare le migrazioni di massa. Le operazioni con la Turchia saranno pertanto inquadrate nell'ambito del programma dell'Unione sulla gestione delle frontiere, FRONTEX. Da parte europea, oltre all'accelerazione dell'iter di adesione della Turchia, fa da contraltare la liberalizzazione dei visti che consentirebbe ai cittadini turchi di muoversi liberamente in Europa: il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker ha spiegato che il processo di liberalizzazione «sarà accelerato, ma questo non significa che vengano meno i criteri che dovevano essere rispettati». Inoltre Juncker ha evidenziato che la liberalizzazione dei visti sarà strettamente legata alle azioni della Turchia per fermare i migranti e che una valutazione a riguardo sarà fatta nella primavera del 2016.
Infine, l'assistenza finanziaria sarà fornita anche ai profughi siriani ospitati in Libano, Giordania e Iraq, nonché di siriani sfollati all'interno della Siria, con l'obiettivo di contribuire all'indebolimento di fattori di spinta che li costringe a muoversi verso la Turchia.

Fonte: Francesco Laera e Benedetta Stendardi

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