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E’ da salvaguadare il litorale Veneto, bello come un rospo

08/11/2006
Detto così, “bello come un rospo”, potrebbe suonare offensivo, o quantomeno curioso; invece è da prendere come complimento, perché nel litorale veneto è stata trovata una rara specie di rospo, il Pelobate, che era considerato estinto; considerato che questo animale è particolarmente sensibile all’inquinamento ed in genere alle trasformazioni ambientali, la sua presenza costituisce un segnale di buon auspicio per il futuro.

E’ quanto emerso al convegno, tenuto a Venezia, dal titolo “Azioni concertate per la salvaguardia del litorale veneto”, in cui sono stati presentati i risultati di tre anni di attività del progetto Life Nature, finanziato dalla UE ed avviato da Veneto Agricoltura, i Servizi Forestali della Regione ed il WWF.

Innanzitutto, sono stati rinaturalizzati ben 40 ettari di habitat a vegetazione erbacea, è stato ricreato il meandro di oltre 3 chilometri di canali artificiali in praterie retrodunali; inoltre sono stati realizzati interventi di contenimento dell’erosione, sono stati posizionati pannelli informativi ed è stato attivato un sito web (www.lifedune.it). Il tutto con 1.350.000 euro, finanziati al 50% dall’unione europea.

Ma naturalmente l’azione di salvaguardia non finisce qui, anzi, c’è ancora molto da fare.

Questo perché il territorio in questione è particolarmente delicato, anche per caratteristiche proprie: non vi sono esempi al mondo esempi analoghi di sviluppo civile politico e culturale così strettamente legato alle condizioni ecologiche dell’area che lo ospita. Ed i tre siti fondamentali presenti, cioè città, laguna e lidi, si condizionano a vicenda.

A tutto questo si aggiungono le profonde modificazioni che il territorio ha subito negli ultimi cinquant’anni. Qualche dato: la superficie delle barene è diminuita, in media, del 37%; la biomassa vegetale, in particolar modo delle alghe, è andata perduta per il 90%.; il litorale del Cavallino, che fino agli anni ’50 aveva una continuità di flora e fauna su tutta la sua lunghezza (quasi 30 chilometri) e la sua spiaggia era integralmente in condizioni naturali, oggi presenta ambienti naturali ridotti a quattro zone indicate come “sopravvivenze”, un termine che dice tutto.

Sono state spese somme cospicue, sono stati adottati provvedimenti di tutela, ma la situazione ha continuato ad aggravarsi. Tuttavia, in questo preoccupante quadro, sono emerse anche alcune possibili soluzioni, o comunque strategie d’intervento: dal punto di vista scientifico, è necessario procedere ad un monitoraggio accurato delle variazioni di biodiversità, ai tre livelli: specie, comunità, unità complesse.

Dal punto di vista operativo, è necessario sperimentare ed applicare metodi “soft” di intervento per il restauro ambientale. In questo campo, è stato detto durante il convegno, l’Italia è ancora indietro, ma in campo internazionale non mancano esempi. Le proposte sono: evitare che la medesima aria ospiti diversi utilizzi, come quando nelle riserve naturali è concessa la balneazione. Inoltre, si debbono ricostruire in vivaio le specie vegetali minacciate, per ricostruire le popolazioni naturali, il tutto evitando qualsiasi forma di inquinamento genetico.

Queste e molte altre ancora sono le sfide per il futuro, per proteggere e ricostruire un ambiente unico nel suo genere; ma naturalmente, le azioni costeranno molti soldi, si parla di milioni di euro. Una cifra difficile da reperire.

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