Due famiglie venete salvano la vista alla piccola Olivia in un villaggio del Burkina Faso
Olivia e altri due ragazzi, grazie all’invio umanitario di tessuti per trapianto da parte di Fondazione Banca degli Occhi direttamente al Centro Educazione Sanitaria Dorothee di Alepè (CESDA) in Costa D'avorio, hanno potuto ritrovare una speranza per il proprio futuro.
“Quella di Olivia è una delle tante storie per noi disarmanti di bambini sub sahariani che arrivano, dopo viaggi incredibili lungo le piste desertiche del sub Sahara, presso il nostro Centro Alepè, grazie ad una missione umanitaria partita dal Veneto" racconta la dottoressa Maria Sofia Tognon, medico volontario in Costa D'Avorio da 18 anni. “Olivia è una bambina di 8 anni – continua la dottoressa - che dopo un'infanzia difficile per l'insorgenza di una cecità corneale, si è messa in cammino dal Burkina Faso alla Costa d'Avorio grazie al tam tam che in Africa passa di bocca in bocca come nel medioevo. Ha potuto ricevere un doppio trapianto e tornare ad una vita normale. Il suo problema era un grave opacamento corneale ad entrambi gli occhi, presumibilmente dovuto alle carenze nutrizionali e alle condizioni di vita precarie a cui si sovrappongono patologie infettive. Questa condizione aveva isolato la bimba, che già frequentava la scuola, dal resto del mondo in un villaggio sperduto del Burkina Faso. Fortunatamente anche quest'anno abbiamo potuto ricevere attraverso Fondazione Banca degli Occhi due tessuti corneali donati in Veneto per effettuare un doppio trapianto ad Olivia. Un mese dopo l'intervento, la bambina mi ha telefonato tramite il centro a cui era stata affidata nel post operatorio, e dove è stata curata anche per il suo stato di evidente denutrizione. Olivia dopo 6 mesi è tornata nella sua scuola di villaggio abbandonata due anni fa per cecità, ora può leggere e muoversi autonomamente, situazione questa indispensabile per poter sopravvivere in Africa".
I DATI: 2.700 TRAPIANTI DI CORNEA. Ma le vite trasformate dal trapianto sono moltissime anche in Veneto come nel resto del territorio nazionale, a cui Fondazione Banca degli Occhi invia tessuti oculari per trapianto con le tecniche più innovative, rispondendo negli ultimi anni a circa la metà delle richieste italiane.
“Il lavoro portato avanti da Fondazione Banca degli Occhi è una certezza sul piano della sicurezza e della qualità e una dimostrazione costante dell’impegno degli operatori che propongono la donazione di cornee negli ospedali del Veneto e della generosa propensione a donare delle famiglie” afferma anche il nuovo Coordinatore del Sistema Trapianti del Veneto Giuseppe Feltrin. Un dato dimostrato dai numeri: “Nell’ultimo anno abbiamo ricevuto 3.739 tessuti oculari donati in Veneto e 431 tessuti oculari donati in Friuli Venezia Giulia, che uniti a quelli raccolti da Fondazione Banca degli Occhi presso altri centri d’Italia hanno raggiunto un totale di 4.308 tessuti oculari. Le donazioni sono state infatti 2.154, un dato sostanzialmente in linea con gli anni passati, lievemente in calo rispetto alle 2.260 donazioni raggiunte nel 2014, e che ha permesso di effettuare circa 2700 trapianti. In compenso – conferma il direttore di Fondazione Banca degli Occhi Diego Ponzin – continua a pieno ritmo la rivoluzione nel campo dei trapianti: questi tessuti vengono sempre più utilizzati in interventi innovativi che, grazie alle nuove tecniche messe a punto in Banca degli Occhi, raggiungono un duplice obiettivo: favorire il lavoro dei chirurghi oftalmologi diminuendo i rischi in sala operatoria, e soprattutto migliorare i risultati degli interventi di trapianto facilitando il recupero visivo del paziente”.
L’INNOVAZIONE PARTE DAL VENETO E ARRIVA NEGLI USA E IN EUROPA. 140 NUOVI PAZIENTI OPERATI CON LA TECNICA D-MEK.
E’ il caso dei 140 pazienti sottoposti quest’anno al nuovo intervento di Endocheratoplastica DMEK che utilizza “microtessuti corneali” spessi quanto un capello. La cornea da trapiantare viene infatti sezionata e predisposta per l’innesto sull’occhio del paziente con specifiche manovre di microchirurgia già in banca degli occhi, struttura che nell’ultimo anno si è ormai trasformata in una sorta di anticamera della sala operatoria. “La tecnica in questione si chiama Dmek – continua il dott. Ponzin – prevede l’inserimento nell’occhio del paziente di un sottilissimo strato di cornea, procedura all’avanguardia che espone però il chirurgo ad un alto rischio di errore se il sezionamento del tessuto avviene in sala operatoria. Primi e finora unici in Italia, abbiamo ideato con i nostri ricercatori un metodo per effettuare la procedura nei nostri laboratori di Mestre e per inviare al chirurgo lo strato di cornea da trapiantare, spesso quanto un quinto di foglio di carta, in modo più sicuro attraverso uno speciale contenitore”.
Un’innovazione per la quale Fondazione Banca degli Occhi si è aggiudicata nel 2015 il riconoscimento per il miglior studio presentato durante il Meeting dell’Associazione delle Banca degli Occhi Americane, e per la quale si è fatto avanti anche il Royal Liverpool University Hospital richiedendo la collaborazione della fondazione veneziana per avviare il medesimo procedimento introducendolo nel sistema inglese.
Fonte: Fondazione Banca degli Occhi del Veneto