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Salvaguardia pesca: barriere artificiali nell'Adriatico

09/11/2006
Sono state immerse a quasi quindici metri di profondità nel mare Adriatico, di fronte alla foce del Po di Tolle, nel rodigino, le prime barriere in calcestruzzo armato che il Consorzio di Bonifica “Delta Po Adige” ha progettato per il ripopolamento della fauna ittica. Su commissione della Regione Veneto infatti, il Consorzio di Bonifica ha realizzato, in poco meno di un anno, un progetto pilota che prevede l’installazione di tre diverse strutture artificiali sul fondale marino, due a forma ottagonale ed una cilindrica, con l’obiettivo di contribuire all’incremento della biodiversità marina. Per il fenomeno del “tigmotropismo” infatti, qualsiasi manufatto in cemento immerso nel mare, che in termini tecnici è definito “corpo morto”, si ricopre in brevissimo tempo di microrganismi sessili diventando così un ottimo rifugio per molte specie ittiche, con un conseguente aumento della concentrazione di animali allo stato larvale.

Le barriere, posate per la prima volta in Veneto ma già utilizzate a largo delle coste liguri e laziali, interessano una superficie di circa tre ettari e mezzo, a quasi sei miglia dalla costa, in un’area compresa fra le Sacche del Canarin e di Scardovari.

“E’ un progetto pilota progettato ed eseguito dal Consorzio di Bonifica, che va a sostegno dell’attività della pesca, realtà produttiva ed economica molto importante per tutta l’area del Delta del Po – ha spiegato Fabrizio Ferro, presidente del “Delta Po Adige”, in occasione dell’allestimento in mare delle prime barriere, cui hanno preso parte anche le autorità regionali competenti, dall’assessore al Bilancio Marialuisa Coppola, all’assessore alle Politiche per il Territorio Renzo Marangon, ai rappresentanti del Genio Civile di Rovigo e della Capitaneria di Porto di Chioggia – l’impegno che già da tempo ha preso il Consorzio, è quello di contribuire in modo concreto allo sviluppo dell’intero territorio, attivandosi non solo nella salvaguardia idrogeologica ma anche nel sostegno di un’attività, quella della pesca, che dà da vivere a molti cittadini del Polesine”.

A posare le nuove strutture ci ha pensato direttamente il presidente Giancarlo Galan, che, seduto su un muletto e seguendo le indicazioni del capocantiere, ha guidato fin giù sul fondale marino le barriere assemblate. “La pesca tradizionale è finita, ora bisogna innovare, e non c’era tecnica innovativa più forte di questo intervento” ha commentato.

Nel suo complesso, il progetto esecutivo è costato seicentomila euro, finanziati per il 50% dall’Unione Europea, ed il restante dallo Stato (per il 35%) e dalla Regione Veneto.



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