La non-politica fiscale dell'Europa è un regalo per le multinazionali
Gli italiani il problema lo hanno scoperto quando Fiat ha annunciato e concretizzato lo spostamento della sede legale in Olanda e di quella fiscale nel Regno Unito apertamente dichiarando che la motivazione era 'risparmiare' sulle tasse.
La questione in realtà era stata studiata in un rapporto redatto nel 2013 dall’OCSE, su incarico del G20: il titolo era “Addressing Base Erosion and Profit Shifting (Beps)” e vi si evidenziava che varie imprese multinazionali utilizzano strategie che permettono loro di pagare per tasse societarie una cifra intorno al 5% dei profitti, mentre le piccole imprese pagano oltre il 30%. E di nuovo gli italiani hanno capito che queste strategie costano, e non poco, al nostro Paese quando, proprio di recente, la 'famigerata' Equitalia ha costretto Apple a pagare una multa di 318 milioni di euro per evasione dei redditi 2008-2013.
Che sia quindi indispensabile una omogeneità fiscale tra i partner europei è sempre più evidente, anche perché si può essere certi che qualche Stato 'specula' sugli interessi delle multinazionali in una guerra al ribasso che non fa bene alle finanze pubbliche di nessuno. Purtroppo però l’Ecofin, il consesso dei Ministri delle Finanze che dovrebbe materialmente varare le norme in materia, non ha finora dato seguito alle proposte del Commissario Moscovici e i grandi capitali continuano ad approfittare della debolezza dell'Unione.