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Otto Marzo in affitto?

04/03/2016
Otto Marzo in affitto?L’Otto Marzo narra di donne. E della complessità dei molteplici ruoli della donna nella società compreso quello insostituibile, almeno finora, di madre.

Madri amorevoli, lavoratrici instancabili, rinunciatarie di carriere prestigiose, casalinghe chiocce, ma anche madri che abbandonano i figli, che arrivano a volte anche a sopprimerli, i figli.

Ruoli e figure di madri tra i più diversi e disparati, ruoli che, nel bene o nel male, rimarranno tali per tutta la vita in un contratto naturale, che vivrà finché loro stesse vivranno.

Ma anche i contratti, in questa società non più solo liquida ma per certi versi già evaporata, subiscono variazioni e ne scaturiscono via via di nuovi, a seconda della legge della domanda e dell’offerta.

E anche l’utero e il suo meraviglioso frutto di vita ne sono diventati oggetto.

Si dirà, giustamente, che un contratto prevede l’accordo dei contraenti, che lo stipulano per un fabbisogno e un interesse reciproco. Fin qui nulla di male.

Ma quando l’oggetto del contratto è un bambino?

E quanto è lecito stabilire il prezzo della sua vita?

A volte, di fronte a turpi fatti di cronaca che riguardano bambini maltrattati, abusati o abbandonati, ci soffermiamo a pensare a come potrà essere la loro vita futura, se avranno ancora un cuore aperto all’amore, se la loro sofferenza saprà attenuarsi per poter guardare ancora il prossimo con occhi di speranza e, soprattutto, di fiducia.

Ma ci si chiede come quel bambino oggetto di contratto, da adulto, assorbirà l’idea di essere stato commissionato da due o più persone al fine di diventarne, per contratto appunto, il figlio o la figlia?

Cosa proverà davvero al pensiero, che la madre naturale è servita solo da contenitore?

Certo, ci viene detto che si fa perché si è pieni di amore da dare a questa nuova vita, che la madre naturale continuerà a far parte di questa “famiglia allargata”, che il bambino triplicherà i suoi affetti.

Certo, ci viene detto che questo bimbo o bimba che sia, troverà ad attenderlo persone, che si sentiranno davvero complete con la sua venuta, che la gioia sarà così grande che la tradurranno in gesti d’amore per tutta la vita.

Ma tutto questo si può commissionare con un utero in affitto?

Tutto questo è lecito comperarlo? E, se anche lo fosse, è giusto che solo pochi possano permetterselo perché i soldi li hanno?

Ci sono centinaia e centinaia di bambini negli istituti, che attendono da anni di essere di essere guardati, considerati, amati per quello che sono. Ma sono vite che non hanno mercato, se non per gli istituti che ne percepiscono la retta.

Anche loro sono nati da un utero, sono stati partoriti da una donna che li ha tenuti dentro di sé e li ha nutriti comunque, perché la natura lo prevede e fa tutto da sola.

Sono nati da una donna, magari sfortunata, magari incosciente, magari irresponsabile e soffriranno sempre per le colpe dei loro genitori, pur non conoscendoli.

Ma ora si va oltre.

Si vuole il prodotto finito, personalizzato e si vola con l’aereo a prenderselo, visto che in Italia non è permesso.

Ora tutto ha un prezzo, fosse anche una sofferenza futura, un disagio, un problema nel sentirsi “acquistati e commissionati” da persone onnipotenti solo perché danarose.

Chi può compra, chi può vende. Qualsiasi merce, anche un utero, se serve.

Basta avere un biglietto in prima classe.

Buon volo, Otto Marzo!

Cristina De Rossi





nella foto: Maternità di Augusto Murer

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