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Dantone al Teatro La Fenice con La Passione di Gesù Cristo

10/11/2006
Sabato 11 novembre 2006 alle ore 20.00 (turno S) e domenica 12 alle 17.00 (turno U) il Teatro La Fenice ospiterà il secondo appuntamento della Stagione sinfonica 2006-2007 «Incontri». Primo dei cinque concerti della stagione dedicati alla musica di ispirazione religiosa, la serata si configura come una sorta di evento, con la prima esecuzione a Venezia dell’oratorio per soli, coro e orchestra La Passione di Gesù Cristo di Antonio Salieri, recentemente restituito in edizione critica da Elena Biggi Parodi. L’interesse dell’operazione sta anche nella possibilità per il pubblico veneziano di effettuare un confronto con altri due oratori settecenteschi composti sullo stesso testo di Pietro Metastasio recentemente ascoltati a Venezia in occasione del tricentenario metastasiano: quello di Caldara e quello di Jommelli. L’esecuzione del lavoro di Salieri sarà affidata a uno dei più importanti specialisti italiani di musica barocca, Ottavio Dantone, che deposta brevemente la bacchetta dell’Accademia Bizantina porterà la sua esperienza esecutiva sul podio dell’Orchestra e del Coro del Teatro La Fenice. Solisti nei ruoli di Maddalena, Giovanni, Pietro e Giuseppe d’Arimatea saranno il soprano Emanuela Galli, il contralto Milena Storti, il tenore Mark Milhofer e il basso Sergio Foresti. Direttore del coro Emanuela Di Pietro. Alla replica di domenica 12 assisteranno anche i residenti nel comune di Venezia che hanno aderito al progetto «La Fenice per la Città», promosso in collaborazione con le Municipalità del Comune di Venezia.



L’oratorio La Passione di Gesù Cristo fu composto da Salieri a Vienna alla fine del 1776, in un momento di transizione della vita musicale della capitale asburgica. Dopo un lungo periodo di rigogliosa fioritura dell’opera seria italiana, culminato nell’importante esperienza della riforma gluckiana, nel febbraio del 1776 Giuseppe II sciolse la compagnia italiana diretta da Antonio Salieri per assecondare l’evoluzione del gusto viennese verso la commedia popolare in lingua tedesca e il Singspiel. In quel periodo di transizione (la compagnia italiana fu ripristinata nel 1783, sempre sotto la guida di Salieri, orientandosi principalmente al genere buffo) l’oratorio assunse un’importante funzione di continuità con il genere dell’opera seria di cui, nonostante l’assenza di scene, utilizzava il medesimo stile melodrammatico e il medesimo impianto drammaturgico, con l’articolazione in recitativi semplici (accompagnati dal solo basso continuo), recitativi obbligati (con l’orchestra) e numeri chiusi (arie e, in talune posizioni, ensembles e cori). L’oratorio di Salieri fu eseguito con grande successo il 21 dicembre del 1777 per l’annuale concerto della Tonkünstler Societät, alla vigilia della partenza per l’Italia del musicista legnaghese, impegnato di lì a poco (agosto 1778) nell’inaugurazione dell’appena costruito Teatro alla Scala, con l’Europa riconosciuta.

La partitura di Salieri si basava su un testo di Pietro Metastasio già intonato decine di volte (fra gli altri da Sarro, Jommelli, Naumann, Myslivecek, e più tardi da Paisiello, Zingarelli e Guglielmi) fin dalla prima viennese del 1730 con musica di Antonio Caldara. Secondo testimonianze d’epoca quella del musicista legnaghese era per Metastasio la più intensa ed espressiva di tutte.

Al centro dell’azione vi è non tanto l’agonia di Cristo, già avvenuta all’inizio dell’oratorio, quanto la drammatica situazione d’incertezza in cui si trovano Pietro, Maddalena, Giovanni e Giuseppe d’Arimatea dopo la sua morte e prima della sua resurrezione. Nella prima parte Pietro, in preda all’inquietudine e ai rimorsi, apprende dagli altri i dettagli della morte di Gesù. Nella seconda parte, in attesa di potersi recare alla tomba dove Giuseppe ha fatto seppellire il corpo di Cristo, i personaggi esprimono i loro sentimenti di disperazione, speranza, indignazione e infine di fede nella prossima resurrezione. L’uso drammatico di effetti orchestrali, di interventi del coro (anche in due delle arie dei solisti) e del virtuosismo vocale, uniti all’estrema attenzione del musicista, allievo di Gluck, alla declamazione del testo, fanno della partitura di Salieri una delle migliori intonazioni dell’oratorio metastasiano.



OTTAVIO DANTONE

Diplomatosi in organo e clavicembalo presso il Conservatorio di Milano, ha avviato giovanissimo un’intensa carriera concertistica nell’ambito della musica antica, vincendo nel 1985 e 1986 i due prestigiosi concorsi clavicembalistici di Parigi e Bruges. Dal 1996 è direttore musicale dell’Accademia Bizantina di Ravenna. Nel 1999, la prima esecuzione in tempi moderni del Giulio Sabino di Giuseppe Sarti ha segnato il suo debutto operistico operistico. Da allora affianca alla sua abituale attività di solista e leader di gruppi da camera quella ormai intensa di direttore d’orchestra, estendendo il suo repertorio all’opera e al periodo classico e romantico e accostando al repertorio più conosciuto la riscoperta di titoli meno eseguiti o in prima esecuzione moderna. Scelto da Riccardo Muti per dirigere le repliche della Nina di Paisiello nelle produzioni del Teatro alla Scala e di Ravenna Festival, ha diretto Olimpiade a Jesi e Ravenna, Milton all’Opéra de Rennes, Marin Faliero (con Mariella Devia) e lo Stabat mater di Pergolesi al Regio di Parma, Orlando a Ravenna e al Festival di Beaune. Nei teatri del circuito lombardo ha diretto la trilogia monteverdiana, al Comunale di Bologna Ascanio in Alba e a Bari e Trieste Die Entführung aus dem Serail. Nella primavera del 2005 ha diretto con grande successo il Rinaldo di Händel per la regia di Pier Luigi Pizzi al Teatro alla Scala. Ha effettuato tournée in tutta Europa oltre che negli Stati Uniti, in Giappone, Israele e Messico, ed è regolarmente ospite dei più prestigiosi teatri d’opera e festival internazionali.

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