Il lungo cammino per salvare il pianeta dal riscaldamento globale
Non inganni la presenza dei 170 Paesi aderenti, dei 60 capi di Stato, delle star del cinema e tutto il resto. Il percorso è ancora lungo e irto di pericoli.
Per entrare in vigore nel 2020, l’accordo deve infatti essere ufficialmente ratificato da almeno 55 Paesi che rappresentano il 55% delle emissioni mondiali di gas serra. Nell’Unione europea, ad esempio, la ratifica richiederà due passaggi: il primo al Parlamento europeo e in secondo in ciascuno nei Parlamenti nazionali. Non a caso il premier francese, François Hollande, ha chiesto ai leader dell’Ue di “essere di esempio” e di accelerare l'iter di approvazione nel proprio Paese.
Il documento che ha chiuso il COP 21 è di 31 pagine, ma rischia di non essere nemmeno sufficiente se non ci sarà una forte e diffusa volontà politica a risolvere nel concreto alcuni dei problemi comunque lasciati senza una definizione.
L’accordo infatti mira a limitare l’aumento della temperatura media globale ben al di sotto dei 2 °C rispetto ai livelli pre-industriali, però, non è vincolante e lascia ampi spazi alla discrezionalità delle parti, non fissando né un termine per le fonti fossili né un obiettivo preciso di energie rinnovabili.
Inoltre il testo chiede di trovare i fondi per la riduzione delle emissioni di gas serra e lo sviluppo della resilienza nei Paesi più poveri e vulnerabili, ma non ne definisce le modalità.