Rapporto 2006 su povertà ed esclusione sociale in Italia
Minori stranieri e rischi di esclusione
I minori stranieri, di ben 191 nazionalità, sono oggi nella maggior parte delle scuole italiane, dove costituiscono in media il 5% circa delle presenze e sono, in numero assoluto, circa 500.000 (stima per l’anno scolastico 2006-2007). Nell’arco di quattro anni la loro presenza è più che quadruplicata, la metà circa è nata in Italia (48% dei casi) e la restante parte è costituita da minori ricongiunti. Se osserviamo tuttavia i percorsi scolastici dei minori immigrati, si colgono alcune criticità (ritardo scolastico, divario negli esiti e nella prosecuzione degli studi) che sembrano andare nel senso contrario, rispetto all’integrazione positiva. Sono in ritardo scolastico il 10% dei bambini che frequentano la prima elementare; il 47% di coloro che sono inseriti in prima media e il 75% dei frequentanti il primo anno della scuola secondaria di secondo grado; il tasso di bocciature degli alunni stranieri, rispetto ai compagni italiani, è più alto di 3 punti percentuali nella scuola elementare, di 7,5 nella scuola secondaria di primo grado e di 12,5 nelle superiori; quanto infine alla prosecuzione degli studi non esistono ricerche sulla dispersione scolastica, ma ben il 40% di coloro che proseguono si orientano verso gli istituti professionali, contro il 19% degli italiani.
Alunni con disabilità
Vengono poi analizzati gli articoli della legge della riforma Moratti e gli allegati che riguardano direttamente o indirettamente gli aspetti dell’integrazione scolastica degli alunni con disabilità. L’aspetto positivo è l’esplicita previsione sia nella legge di delega n. 53/03, sia nei decreti delegati, del principio dell’integrazione scolastica ai sensi della Legge-quadro n.104/92. Gli aspetti analizzati come negativi riguardano l’anticipazione della scelta dopo la terza media, la licealizzazione di tutti gli istituti superiori, il trasferimento alle Regioni degli istituti di istruzione professionale, l’istituzione del tutor, inteso come figura singola, l’eccessiva complessità degli obiettivi specifici di apprendimento nella scuola secondaria di primo grado, il carattere tendenzialmente selettivo della riforma e gli scarsissimi mezzi finanziari per realizzarla. In attesa di valutare gli sviluppi, si dà atto al nuovo ministro Fioroni di aver disposto la non operatività della riforma per le parti fortemente criticate.
Bambini con più famiglie
Secondo l’Istat (2005), in Italia, almeno 5.362.000 persone vivono in famiglie che sono libere unioni, in famiglie ricostituite coniugate, in famiglie con un solo genitore. Dal 1994 al 2003 l’incremento nelle separazioni e nei divorzi è stato continuo: si è passati da 51.445 separazioni nel 1994 a 81.744 nel 2003, con un aumento del 59% in 10 anni e un incremento del 2,6% delle separazioni e del 4,8% dei divorzi rispetto al 2002. I figli interessati da queste esperienze vivono in un mondo di famiglie che si moltiplicano, nelle quali ci sono sempre meno coetanei. Sono anche figli che rischiano di entrare in una fase di povertà, in particolare quando la famiglia diviene
monogenitoriale (monoreddito o a reddito incerto), come indicato nelle statistiche ufficiali. La fragilità sociale ed economica femminile emerge soprattutto quando si rompe il matrimonio. Considerando dunque i vari rischi ai quali può trovarsi esposto il bambino che vede modificarsi la struttura familiare, viene delineata una mappa degli interventi messi in atto in Italia e prefigurato il modo nel quale questi interventi potrebbero essere meglio articolati e sviluppati.
Famiglie con minori con gravi disabilità intellettive
Innanzi tutto emerge incertezza nei numeri poiché si considerano contingenti diversi per esigenze differenti: i minori disabili variano così da 94.490 (Casellario INPS, percettori pensioni di invalidità civili e simili), a 108.000 (Indagine ISTAT multiscopo sulle “Condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari”), a 161.000 (Sistema Informativo del MIUR che considera gli alunni con disabilità presenti nelle scuole statali). Vengono poi approfonditi i temi della comunicazione della diagnosi, dell’integrazione scolastica, e del cosiddetto “progetto globale di vita”, a partire da due ricerche sulle relazioni tra famiglie di persone con disabilità e servizi, realizzate nel 2005 dalla Fondazione Zancan, l’una in collaborazione con la Federazione Italiana Superamento Handicap e l’altra con il centro Servizi del Volontariato di Rovigo. Complessivamente sono state 89 le interviste fatte, 22 a persone con disabilità fisiche, 49 a genitori di disabili tra gli 8 e i 30 anni, 19 a operatori dei servizi sociosanitari.
Infine, per quanto riguarda l’autismo, numerose recenti ricerche confermano che il percorso diagnostico si realizza con ritardo. L’88% dei genitori afferma di avere denunciato anomalie di comportamento al pediatra nel primo anno di vita, mentre la diagnosi è stata ritardata nel 56,2% dei casi dopo i tre anni di età e nel 17,1% dopo i cinque anni di vita, spesso all’ingresso a scuola. Nel 72,6% dei casi i genitori si sono rivolti fuori della loro Regione per ottenere la diagnosi: solo il 32,6% ha consultato un solo centro.
Centri di Ascolto Caritas
Nella seconda parte del Rapporto vengono illustrati i dati e le storie di vita relativi alle persone in difficoltà che nei mesi di aprile e maggio 2005 si sono rivolte ai Centri di ascolto collegati con le Caritas diocesane aderenti al Progetto Rete nazionale.
I DATI – I dati sono stati raccolti in 241 Centri di 147 diocesi italiane (due terzi del totale) e si riferiscono alle principali caratteristiche anagrafiche, ai bisogni e alle richieste di 17.203 persone. Si tratta in maggioranza di cittadini stranieri (63,6%), dei quali più della metà provengono dall’Europa orientale (51,9%) e poco meno di un quarto dal continente africano (23,8%). Quasi il 60% dei cittadini stranieri che si sono rivolti ai Centri era in possesso di permesso di soggiorno o in attesa di riceverlo.
Molte le differenze tra stranieri e italiani:
il 15,6% degli italiani è risultato in possesso almeno della licenza media inferiore, mentre tra gli stranieri tale quota è del 45,7%;
solo il 40,9% degli stranieri vive con i propri familiari o con parenti (a fronte del 60,5% di italiani). Va comunque tenuto presente che quasi un terzo degli utenti italiani (31%) vive da solo;
più dei due terzi degli utenti sono risultati disoccupati (67,8%); tra gli stranieri tale valore raggiunge il 72,1%, a fronte del 60,3% per gli italiani;
un quinto degli utenti dei Centri di ascolto (20,2%) è costituito da persone con gravi difficoltà abitative (senza dimora o in sistemazioni precarie);
i bisogni maggiormente rilevati sono relativi ai problemi economici, che riguardano i due terzi degli utenti (67%), con gli italiani in maggior misura rispetto agli stranieri (rispettivamente 74,6% e 62,5%);
tra le richieste spiccano quelle relative a beni e servizi materiali (47,1% degli utenti) e al lavoro (29,3%). Ma c’è anche una quota consistente di persone che richiedono esplicitamente sussidi economici (16,5%). Quest’ultimo tipo di richiesta è molto frequente tra gli utenti italiani (30,1%, contro l’8,7% degli stranieri), mentre le richieste di lavoro sono molto più diffuse tra gli stranieri (35,0%, contro il 19,6% degli italiani).
L’elemento essenziale che emerge dai dati raccolti è la persistenza di povertà “classica”, legata a problemi di lavoro, reddito e abitativi. Senza dimenticare altri tipi di problemi (familiari, relazionali, sanitari, di istruzione, di dipendenza da sostanze, di detenzione o post-detenzione, disabilità), comunque presenti. Le nuove tendenze di “impoverimento del ceto medio” non sembrano costituire il nucleo centrale degli utenti Caritas. Molto probabilmente, se tali fenomeni non saranno governati e controllati, le “famiglie in affanno” di oggi costituiranno i nuovi utenti Caritas di domani.
LE STORIE – La sezione qualitativa del Progetto Rete ha contemplato la raccolta di 120 storie di vita, relative a famiglie in carico presso i Centri di ascolto Caritas. Sono state intervistate 58 famiglie italiane, 59 straniere e 3 famiglie miste. Le interviste avevano come oggetto la ricostruzione delle situazioni familiari, con articolare riferimento ad una serie di aree di indagine: le condizioni che hanno favorito l’insorgenza del disagio sociale; la descrizione dei principali aspetti del disagio attualmente vissuto; le dinamiche relazionali all’interno della famiglia; i rapporti e le reti di relazione della famiglia con l’ambiente esterno (amici, vicinato, ecc.); i rapporti e le reti di relazione con il resto della famiglia; le prospettive e le attese per il futuro. In base a quanto raccolto sul campo emerge una forte situazione di multiproblematicità delle famiglie italiane, che evidenziano cronicità, disturbi psichici, precedenti di conflittualità familiare e difficoltà nella promozione sociale in misura molto maggiore rispetto a quanto accade per gli utenti stranieri.
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