Anbi lancia l’allarme: in Sardegna, la Gallura muore di sete
“E’ il paradosso della mancanza di programmazione” commenta Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi di Gestione e Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI).
A causare la carenza d’acqua, che sta fortemente penalizzando l’irrigazione indispensabile per prodotti di qualità, è lo scarso apporto di piogge che oggi limita a circa 50 milioni di metri cubi l’acqua contenuta nel bacino del Liscia, cioè meno della metà della capacità dell’invaso. Un livello così basso, destinato prioritariamente all’uso umano, limita fortemente, se non addirittura impedisce, l’irrigazione con pesanti ripercussioni sul reddito delle imprese rurali.
“La soluzione – indica il Presidente ANBI in sintonia con il locale Consorzio di bonifica della Gallura – non può essere nel breve periodo, ma deve prevedere la creazione di un vero e proprio sistema del Liscia, creando le infrastrutture di collegamento per nuovi apporti dalla rete idrica minore al sistema irriguo consortile e realizzando anche una serie di bacini di accumulo medio piccoli per fungere da serbatoi supplementari nei momenti critici.”
Se la Gallura è in emergenza, anche il resto della Sardegna, però, soffre per una disponibilità d’acqua nei bacini, alla vigilia dei grandi afflussi turistici, praticamente dimezzata rispetto alla capacità degli invasi.
“Quanto accade in Sardegna – sottolinea Vincenzi – è l’ennesima dimostrazione della necessità di programmare lo sviluppo della rete irrigua nel Paese, indispensabile per produrre l’86% del made in Italy agroalimentare.”
Pur con situazioni differenziate è tutto il Sud, infatti, a vivere l’estate con qualche apprensione idrica, mentre paiono superati i timori di grande siccità, che aleggiavano durante l’inverno sulle regioni centro settentrionali.
“L’avvio concreto di quanto previsto per i 300 milioni residui del Piano Irriguo Nazionale – conclude il Presidente ANBI - testimonierebbe la volontà del Governo di dare risposta ad una questione che, oltre a limitare lo sviluppo economico del settore primario, crea insostenibili conflitti fra settori come, nel caso sardo, fra agricoltura e turismo.”