Venezia 73- con Maren Ade l'ironia dei grandi maestri della commedia
Ma è con ‘ Toni Erdemann ‘ , trionfante a Cannes , ed ora qui a Venezia che si rafforza e conferma lo ‘stile Ade ‘, fondato su di un minuzioso spirito di osservazione , distacco formale dalla vita moderna , ed un’inclinazione alla satira quotidiana valorizzata dalla lucidità di analisi e dall’amore per l’assurdo , con una originalità che la rende unica tra i giovani emergenti. In realtà può essere considerata una dei rari registi che tenta con successo di reinventare le strutture narrative . In quasi tre ore, che scorrono travolgenti , si racconta una relazione tra un padre ed una figlia . La giovane donna in carriera è praticamente una ‘ tagliateste’, (si occupa di rinnovamento di economie locali ) con tutte le caratteristiche del ‘phisique du ròle ‘ : tailleur , chignon algido , ed animo puntuto come i suoi tacchi a spillo. Ha preso le distanze dal padre ,ex insegnante di musica , trasgressivo e non osservante di alcuna ipocrita regola sociale . Dopo un fallitissimo tentativo di riavvicinamento , il padre scompare per ritornare diverso , sotto altre spoglie (quelle di Toni Erdemann) , con parrucca e denti finti , bizzarro uomo d’affari , ma con la medesima tendenza a dissacrare e smantellare i riti sociali e l’ipocrisia che creano l’infelicità strutturata della figlia. Il film è pure commovente senza essere sentimentale , parla di ciò che accade agli affetti , alla compassione , all’umanità , criticissimo verso un mondo in cui la carriera deve essere il fulcro della vita. E la protagonista non sa nemmeno immaginare un’ipotesi di vita a fianco del lavoro totalmente invasivo.
Ermann è senza misura , sgradevole . La vergogna che prova la figlia di fronte ai suoi scherzi accomuna lo spettatore , il disagio deborda fuori dallo schermo , esattamente come gli imprevisti che rendono il film a tratti molto esilarante , comico addirittura , pur mostrando un rapporto padre - figlia in tutta la sua complessità . Il film è decisamente molto audace , quasi sfrontato poiché disturba con scherzi grotteschi un soggetto tradizionale rendendolo squilibrato per le funamboliche apparizioni del padre. La solitudine interiore dei due personaggi potrebbe portare a situazioni patetiche , invece si fa beffe del cinema d’autore serioso e troppo autoreferenziale. Quasi un documento sull’alienazione dei nostri tempi , con un confronto tra i due personaggi che rappresentano l’uno la fantasia , l’altro la regolarità ossessiva ed asettica. La sceneggiatura non è mai prevedibile , sbatte le gags in faccia allo spettatore , creandole dal nulla . I due attori , grandissimi , rendono forte il disagio del loro rapporto , costretto a passare attraverso l’artificio e la simulazione per conquistarsi il privilegio di esistere .
Maren Ade reimposta i codici della commedia e ci suggerisce che il mascheramento può essere l’unica possibilità per poter guardare all’incontrario (o all’antica ) il mondo , anche ai tempi della globalizzazione dove autorità , potere ed arida finanza appaiono inutili e meschini.
MARIATERESA CRISIGIOVANNI