Nelle tragedie della terra che si muove, non ci sono spazi per tante parole. In un attimo un essere umano, che potremmo essere ognuno di noi, si guarda intorno e non ha più nulla. Vedendo le immagini del nostro bel paese ferito, ma subito soccorso, ho pensato ad un paese lontano dove risistemare diventa impossibile: il Nepal.
Ci sono stata nel 2011, dopo aver superato uno degli anni più brutti della mia vita. Verso fine anno, quando presi coscienza che ero ancora viva, decisi di regalarmi un viaggio in un paese affascinante, da cartolina e da saggezza perduta. Con questa idea partii, con la ricerca dei fumi d’incenso e delle candele di burro. E questo anche trovai. I templi occupati dalle scimmie ladruncole, i sacri luoghi buddisti relegati tra i monti con la ricerca dell’accesso più difficile, tanta storia, ma ancor di più tanti volti, bambini, donne e anziani con gli occhi stanchi. Un viaggio bellissimo che mi riempì il cuore e che ancora ora ricordo. Già perché ora solo di ricordi e fotografie si può parlare. A dire il vero, ho fatto molti viaggi e poi rimangono appesi al cuore, ma non necessariamente nel quotidiano, con quello che è successo però, mi sono sentita coinvolta in questa tragedia. Vedere le foto del prima e del dopo mi hanno sospeso il fiato con l’espressione del tipo “ ma io in quel tempio ci sono stata...ma da quella via ci sono passata”, e allora mi sono resa conto di quanto sia stato importante averlo vissuto quel luogo e aver avuto modo di memorizzare con il cuore e con gli occhi. Il resto sono solo parole e lacrime.

Sabrina Marcon