IEE- Bruchi, patate spaziali e mele di citta'
L’indicazione comune è che il domani prossimo della nostra nutrizione non potrà dipendere dalla terra, ormai depauperata di sostanze organiche e sottoposta ad una crescente pressione antropica (la popolazione in continuo aumento), bensì dalle colture “fuori suolo”, impiantate su letti artificiali, ricchi di mirati apporti nutrienti. A tale scopo potranno essere utilizzati i capannoni industriali dismessi, ma soprattutto i tetti delle città, con evidenti vantaggi di carattere ambientale; gli studi dell’Università di Bologna (proff. Giorgio Prosdocimi Gianquinto e Francesco Orsini) dimostrano che i raccolti urbani “fuori suolo” garantiscono una salubrità del prodotto non inferiore a quella attualmente assicurata dalle colture in terreni perlopiù compromessi da inquinamento ed eccessivo sfruttamento. L’Ateneo felsineo ha già calcolato che i tetti del capoluogo emiliano potrebbero produrre il 77% del fabbisogno alimentare della popolazione cittadina!
Restando sul Pianeta, per scoprire nuove opportunità alimentari, è necessario, secondo l’Università di Padova (prof. Maurizio Paoletti), abbandonare i consueti gusti per volgere l’attenzione verso le specie maggiormente presenti: insetti, ragni, acari e crostacei così come tradizionalmente fanno le popolazioni aborigene; non solo: si dovranno “addomesticare” nuove razze animali come gli aguti o le cavie porcellus, destinate ad affiancare polli e conigli.
Se non bastasse, comunque, in un futuro prossimo potremmo rivolgerci alle colture spaziali: ad affermarlo sono gli studi dell’Università di Napoli (prof.ssa Stefania De Pascale) che, in collaborazione con gli enti spaziali, sta ricercando come alimentare gli astronauti che, entro il secolo, raggiungeranno Marte con missioni lunghe almeno 500 giorni; impensabile, quindi, alimentarsi solo con cibi “ad hoc” così come portarsi appresso derrate alimentari terrestri. Sarà quindi necessario “coltivare”, grazie a “tecniche biogenerative”, durante il viaggio e creare serre marziane o, ancor prima lunari. I problemi maggiori? L’assente o ridotta forza di gravità e le radiazioni cosmiche. Lo “space farming” punterà inizialmente su patate, grano e soia; in attesa delle prime colonie spaziali si sta, intanto, sperimentando nei luoghi terrestri più inospitali (dall’Antartide al K2). Qualcuno già sogna nuove puntate di masterchef…