L’industria del riciclaggio ha più nemici che sostenitori in Europa
Un’indagine guidata da European Environmental Bureau (EEB), Friends of the Earth Europe and Zero Waste Europe, ha analizzato le posizioni dei ventotto Paesi dell’Unione (ancora compresa la Gran Bretagna, quindi) per capire chi oggi in Europa stia effettivamente lavorando per far crescere l’economia circolare e chi invece, al di là delle dichiarazioni ufficiali, remi contro. E dall’analisi dei dati raccolti dalle associazioni ambientaliste, il Consiglio europeo risulta diviso tra “leaders” e “idolenti”, i buoni ed i cattivi con in mezzo un’ampia fascia grigia.
Nella prima categoria, quella di coloro che si oppongono agli obiettivi di crescita dell’economia circolare approvati dal Parlamento europeo, figurano Paesi come l’Ungheria, la Lituania e la Lettonia ma anche la Finlandia e la Danimarca.
L’Italia è indietro perché lavora troppo poco per ridurre i rifiuti
Nella ‘fascia grigia’ l’indagine colloca l’Italia, insieme a Repubblica Ceca, Svezia, Portogallo, Lussemburgo e Slovacchia: Paesi che sono a favore di un obiettivo di riciclo del 65%, ma puntano al ribasso con i target relativi alla preparazione al riutilizzo e di prevenzione dei rifiuti, tutte misure che costituiscono priorità del pacchetto dell’economia circolare.
Sul fronte dei ‘buoni’ invece si collocano, non senza qualche sorpresa, Paesi che lottano ancora con la gestione dei rifiuti, come la Grecia e la Romania e la Spagna, e che chiedono un maggiore sostegno a riciclo, prevenzione e riutilizzo. Ma la palma dei ‘leaders’ va riconosciuta a Francia, Belgio e l’Olanda che sono gli Stati che maggiormente sostengono lo sviluppo dell’economia circolare.
Secondo Piotr Barczak, responsabile rifiuti e della campagna dell’EEB, le nuove misure sull’economia circolare pensate dal Parlamento europeo potrebbero creare 800.000 nuovi posti di lavoro e generare 72 miliardi di euro l’anno di risparmi in tutta Europa.