Un batterio potrebbe risolvere l’inquinamento da plastica
17/04/2018
Accade spesso che grandi e piccole invenzioni arrivino inattese, quasi per caso. Un esempio viene dall’
Università di Portsmouth che, in collaborazione con i
National Renewable Energy Laboratory (NREL), ha creato in laboratorio un enzima che vive mangiando plastica. Il gruppo di ricercatori stava studiando la struttura cristallina di un enzima naturale appartenente a un batterio che prolifera tra i rifiuti plastici. Il metabolismo di questo microorganismo si è evoluto in pochissimi anni adattando la sua alimentazione all’elemento più frequente del suo ambiente: la plastica, appunto, dalla quale ottiene il carbonio di cui ha bisogno. Il batterio impiega solo due enzimi: il primo che degrada la plastica ed il secondo che la riduce in acido tereftalico, che non è solubile in acqua ed ha quell’alto contenuto di carbonio che serve all’alimentazione del batterio. Il team voleva studiare la struttura dell’enzima mangia plastica per comprenderne l’evoluzione e, un giorno, essere in grado di potenziarlo. Ma intervenendo sulla sua struttura durante l’analisi sono riusciti involontariamente a migliorarne l’efficacia.
La ricerca continua per rendere più efficiente il batterio e utilizzarlo su scala industrialeL’enzima mangia plastica ingegnerizzato ha l’ulteriore vantaggio di poter degradare non solo il PET, componente principale delle nostre bottiglie d’acqua, ma anche il polietilene furandicarbossilato (PEF) oggi utilizzato per applicazioni di imballaggio come bottiglie, film e vassoi di cibo.
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Sebbene il miglioramento sia modesto – afferma
John McGeehan dell’Università di Portsmouth –
questa scoperta inaspettata suggerisce che c’è ancora spazio per migliorare ulteriormente questi enzimi, avvicinandoci a una soluzione di riciclaggio per la montagna dei rifiuti di plastica, oggi in continua crescita. Sarà interessante vedere se, sulla base di questo studio, le prestazioni dell’enzima possano essere migliorate e rese idonee per l’applicazione su scala industriale nel campo del riciclaggio e nella futura economia circolare della plastica”.