Pasti a domicilio? I ciclisti in rosa lasciano l’Italia
Arrivata in Italia nell’estate del 2015, Foodora lanciò una fortissima campagna di marketing: le stazioni della metro di Milano ricoperte di rosa, volantini, sconti, promozioni e tutto il resto. Nell’autunno del 2016, un primo sciopero dei rider ch chiedevano una paga fissa oraria, un’assicurazione e di non essere governati solo da un algoritmo. Qualche mese dopo lo sciopero, conclusosi senza cambiamenti di rilievo, i fattorini erano 1.300; oggi il loro numero non si conosce perché l’azienda ha smesso di comunicarlo ma è certamente cresciuto visto che, distribuiti in sei città, ci sono oltre 2 mila i ristoranti che si affidano a Foodora per le consegne.
Occupazione precaria che rischia di diventarlo ancor di più visto quanti resteranno senza lavoro
Con l’insediamento del nuovo Governo la vertenza era stata riaperta e ripresa con gran clamore su tutti gli organi di comunicazione. L’impostazione questa volta ha coinvolto anche gli altri operatori del settore in Italia, una ventina, tra cui i più grandi sono Deliveroo, UberEats, Just Eat, Glovo.
Nel corso della trattativa con il Governo, Foodora aveva presentato un documento intitolato “Carta dei valori del food delivery” che non è stato condiviso dalle altre società maggiori. E proprio a ridosso di quei primi incontri, il Ministro Luigi Di Maio ha iniziato a parlare del cosiddetto ‘decreto dignità’. L’accordo con le società della gig economy non è mai stato chiuso, e il tavolo di trattativa è stato sciolto lo scorso 27 luglio, mentre nel decreto appena approvato dalla Camera non sono state introdotte norme a tutela dei fattorini. Ora Foodora abbandona la sua esperienza italiana e cerca un acquirente a cui cedere la gestione di quei due o tre mila fattorini che pedalavano per le città in giacca rosa.
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