L’Italia nel progetto per disinquinare il terreno coi funghi
«Quasi due anni fa nel sito di Fidenza, in Emilia Romagna – spiega la professoressa Varese – è partito un progetto europeo di biorisanamento ambientale. Quello emiliano è uno dei siti più contaminati d’Italia. Si tratta di un’area molto grande, con una lunga storia di inquinamento, già prima della Seconda Guerra Mondiale. Lo scopo del nostro progetto di biorisanamento è dimostrare che, attraverso la selezione di microorganismi con spiccate capacità degradative e grazie alla tecnica denominata biopile, è possibile essere più efficaci nella riduzione dei contaminanti rispetto ai trattamenti convenzionali e permettere, alla fine del processo di bonifica, la riconversione del suolo non solo per un utilizzo industriale, ma per un uso residenziale».
Ma la gamma degli inquinanti si allarga ogni giorno: molecole ‘insospettabili’ stanno nei dopobarba
Per ottenere questo ambito risultato i ricercatori hanno selezionato una collezione di batteri e di funghi con un’elevata capacità di degradazione degli inquinanti. Questi microrganismi sono stati scelti per la loro capacità di utilizzare gli inquinanti come unica fonte di carbonio, preferendoli alle forme di carbonio più semplici.
Per dare gli inquinanti in pasto ai funghi si costruisce una biopila ovvero una sorta di tunnel alto 3-4 metri e lungo qualche centinaio di metri in cui il suolo viene mischiato con gli organismi deputati alla degradazione. Il tempo di durata della biopila è di tre mesi e quando il ciclo è esaurito il suolo “pulito” viene rimesso al suo posto e si procede con la pulitura di una nuova porzione di terreno: «Al termine di questa fase – conclude la professoressa Giovanna Cristina Varese – noi diamo per scontato che, smontando la biopila, il 90% degli inquinanti sia stato rimosso».
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