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Biennale Cinema - VENEZIA 75 - Mariateresa Crisigiovanni

10/09/2018
Biennale Cinema - VENEZIA 75 - Mariateresa CrisigiovanniIL CERCATORE DI EROI QUOTIDIANI

Poco prima di andarsene Ermanno Olmi, insieme al presidente della Cineteca di Bologna, Gianluca Farinelli (l’ideatore de “Il cinema ritrovato”), ha curato il restauro del suo secondo film girato nel 1961 “Il posto”, uno tra i migliori film italiani dell’epoca non solo per la sua forma compositiva, ma soprattutto per la tensione morale sottesa ed eccentrica rispetto alla tendenza di quel periodo.
Il film, come “I fidanzati”, “Il tempo si è fermato”, “Un certo giorno” e gli altri film girati dal ‘59 al ‘74 è ambientato nei luoghi di lavoro. Sono storie di conflitti e dilemmi sconosciuti fino a pochi anni prima. Olmi portava sullo schermo con squisita poesia e fantastica semplicità quello che aveva vissuto come dipendente, giovanissimo alla Edisonvolta (dove lavorava pure la madre vedova) incaricato dal ‘53 del ‘servizio cinema’, dove girò più di 30 docu industriali.
Il suo esordio come autore di lungometraggi, dove confluisce la sua esperienza dei luoghi e delle persone, è del ‘58, “Il tempo si è fermato”, in cui narra della pausa dei lavori di una diga dove un guardiano ed il suo aiuto socializzano. La sua profonda frequentazione del mondo dell’industria servirà da sfondo per i successivi lavori e soprattutto per “Il posto”, la cui progettazione non si pone al di sopra del soggetto con sguardo critico di superiorità, come accadeva nei film italiani col popolino impietosamente in scena.
La partecipazione di Olmi, squisitamente simpatetica, vive in prima persona aneddoti, spunti e sottintesi. Per Olmi essere nelle cose è l’esperienza diretta della realtà. In questa prova di pragmatismo autodidatta il regista ci racconta il lavoro e la fabbrica senza il classico filtro ideologico. Tuttavia Olmi fa politica anche suo malgrado, con una schietta critica sociale nei confronti della classe dirigente italiana che vedeva nella industrializzazione del sud un’occasione per lucrare sui finanziamenti statali. Nei titoli di testa, Olmi scrive “Per la gente che vive nelle cittadine e nei paesi della Lombardia, intorno alla grande città, Milano significa soprattutto il posto di lavoro”.
Proprio in questo film la sua attenzione per chi lavora in condizioni difficili, senza abbandonare del tutto lo sguardo documentaristico, diventa pura poesia, ed i due giovani lavoratori dimenticati diventano i protagonisti di una quotidianità intessuta di onestà e serietà, di fede e senso del dovere. Olmi, con l’impiegatino e la dimessa figura della sua innamorata, approfondisce uno sfondo industriale ed umano che il cinema italiano non aveva mai precedentemente percorso.
Farinelli lo ricorda come un intellettuale impegnato quotidianamente nella difesa della cultura e della storia del nostro Paese, innamorato della documentazione delle realtà aziendali. Per chi vedrà il film per la prima volta restandone certamente conquistato, va segnalato un documentario che si può rintracciare su youtube: “Milano 83” dove Olmi in un’ora di immagini confeziona un quadro indimenticabile con i lavoratori della notte che preparano la città per l’operosità del giorno a venire. A “Venezia 75” il film di Olmi ha concorso al Premio “Venezia Classici” per il miglior film restaurato, assegnato da una giuria di 26 studenti del DAMS e di Ca’ Foscari, presieduta dal regista Salvatore Mereu.

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