Biennale Cinema - VENEZIA 75 - Mariateresa Crisigiovanni
Immaginatevi al posto di Cary Grant, ai margini di una lunga strada assolata, perduta nel nulla, contornata da campi di grano, mentre aspetta.....
Set hitchcockiano, film 'Intrigo Internazionale'. Invece vi siete infilati nella realtà dello stupefacente documentario di Wiseman (Leone D'Oro alla carriera 2014 ), “MONROVIA. Indiana” tra le cose più interessanti presentate, fuori concorso, alla Mostra. Forse la tensione è anche più alta poiché la realtà può talvolta emozionare più della fiction.
Non siamo in un thriller, né in una commedia hard-boiled, né in nessun altro genere cinematografico: siamo finalmente catapultati in un’America contemporanea e minore che abbiamo conosciuto decine di volte attraverso la letteratura ed il cinema. Possiamo vederne qui un ritratto scandagliandone le istituzioni, le relazioni sociali, i sistemi di controllo amministrativi e soprattutto i comportamenti degli abitanti di Monrovia, cittadina rurale di 1400 anime. Lo sguardo magico del paesaggista Wiseman, ci inchioda davanti al piatto orizzonte dei campi di soia e grano, davanti al muso delle mucche e quello dei maiali senza alcun accadimento extra-ordinario. Non abbiamo una sceneggiatura nella quale immergerci, bensì due mesi di riprese accurate, montate con totale maestria, quasi un anno di lavoro di montaggio per un’opera di 223 minuti.
Il materiale ripreso da Wiseman non è mai ridotto alle necessità ideologiche del regista: come uno scrittore utilizza ambiente, dialoghi, volti ed atmosfere, lasciandoci liberi di interpretare. Non subiamo le seduzioni di una musica né di una voce fuori campo, né ci distrae una didascalia. Quindi l'osservazione del reale diventa automaticamente intensa e totale.
Frederick Wiseman classe 1930, americano di Boston, che l'anno scorso presentò qui l'amatissimo “Ex Libris - The New York Public Library”, nel corso della sua carriera ha penetrato ogni tessuto sociale mostrandone anche le contraddizioni: musei “National gallery”, case popolari “Public Housing”, università “Al Berkley”, grandi magazzini “The Store”, ospedali psichiatrici giudiziari “Titicut Follies”, parchi pubblici “Central Park”.
Gli abitanti di Monrovia non parlano mai di politica, e tuttavia una delle motivazioni di questa indagine è cercare di capire la vittoria di Trump (qui l’ha votato il 70 per cento della popolazione. Mai nessuno si dimostra incuriosito per ciò che accade nel mondo, Asia, Europa, Siria... Tutti parlano di trattori, amici, ricordi, malattie, in un mondo ristrettissimo che sembra autodifendersi. Quando in una seduta municipale qualcuno ipotizza una certa espansione (150 nuove case), auspicando nuove nascite e nuovi posti di lavoro, gli anziani reagiscono negativamente: si deve rimanere come si è. Monrovia è a 40 km da Indianapolis, ma loro non ci vogliono andare, troppo pericoloso. Curiosamente è un mondo patriarcale dove le donne sembrano figure marginali, quasi ottocentescamente relegate a ruoli deputati, in luoghi squisitamente femminili come il negozio di parrucchiere. L'unica protagonista pare la defunta cui viene dedicata un'orazione funebre eclatante, scritta e letta dal reverendo come se fosse una piece teatrale. Dove se ne cantano le virtù e le dolcezze di madre e moglie. «Al marito non disse mai di no. Quando gli amici gli chiedevano di uscire lui rispondeva: “Devo chiedere a lei”. E lei “Caro, se vuoi va pure....»
Così assistiamo ad una seduta di massoneria tra affiliati anzianissimi, ad un’asta di trattori e mietitrici dove il battitore è scatenato come un cantante country. Entriamo in un negozio di tattoo, in uno snack, nel supermercato. Partecipiamo alla fiera agricola (ed annusiamo il loro strabordante street food), ad una riunione del Lyon's Club, ad una lezione sulle glorie del basket scolastico. Colpisce molto la scelta di Wiseman di non entrare mai nelle abitazioni. Le inquadra da fuori, ad una certa distanza, rispettoso di una intimità che possiamo solo immaginare. Gli abitanti di Monrovia vengono indagati solo in senso antropologico, in quanto comunità. Abbracciare questo punto di vista fa quindi anche apprezzare le interminabili sedute municipali dove si discute di rotonde e tombini... Possiamo supporre dietro ai volti di ‘ordinary people’ le loro ‘ordinary life’.
Il nucleo sostanziale dell'arte di Wiseman è il suo sguardo monumentale ed insieme minimalista, attento e rispettoso della vita in tutte le sue manifestazioni. “Faccio film parziali, pregiudiziali, manipolatori, ma giusti”.
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